lunedì 9 maggio 2011

Utile & indispensabile

immagine da questo bel blog
Mi è sovvenuta una riflessione: che quello che ci è stato sempre detto e ripetuto, e cioè che tutti siamo utili ma nessuno indispensabile, sia una tremenda frode. Questo atteggiamento che (questo si) ci hanno inculcato attraverso i media ma, soprattutto, sui luoghi di lavoro, tanto che a dirtelo non sono i padroni, ma i tuoi stessi colleghi, potrebbe avere, se il mio ragionamento è corretto, un’enorme importanza nella deriva sociale. Il fatto di essere utili ci relega a mero oggetto, da usare; mentre il non sentirsi mai indispensabili genera, già di per se, un senso di inutilità, impedendo di fatto l’assunzione di responsabilità da parte delle persone.
Credo invece che ognuno di noi diventi indispensabile proprio nel momento in cui si sforza per essere utile, tanto più indispensabile quanto più lo fa responsabilmente, con cognizione di causa, divenendo membro della società civile, come un musicista in una grande orchestra, dove ciascuno mette la sua parte, divenendo indispensabile alla riuscita dell’esecuzione di un’opera. Questa grande orchestra è l’Italia, ed è stata defraudata dei suoi musicisti con un’opera millimetrica di deresponsabilizzazione; defraudata dei suoi talenti e delle sue potenzialità dall’illusione di un’economia impossibile che si è sostituita alla dignità delle persone, che le ha portate ad essere merce di second’ordine. Si.
Di second’ordine, perché, ad oggi, le merci hanno molto più valore delle persone: godono perfino di una più capillare tutela legale!

Ma è dunque proprio questo il gioco di chi detiene il potere? Si tratta di una minuziosa opera di abbattimento dell’autostima, atta a produrre un avvicendamento forzato per creare un ambiente favorevole, dove il profitto - il loro - diviene lo scopo anche della nostra vita? Voglio ricordare di cosa è fatto questo profitto facendo solo alcuni esempi: è fatto di tariffe minori pagate, copertura lavorativa non professionale in posti che richiedono qualifiche, per arrivare ora ad un periodo di prova così lungo da eludere l’assunzione.
La frode è questa. Dobbiamo accorgerci, riappropriarci della nostra indispensabilità, perché la nostra utilità non è utile a noi stessi, non a queste condizioni. A queste condizioni è utile solo al potente per il quale lavoriamo, dove egli è al centro dell’universo economico che è al centro del panorama umano attorno al quale noi gravitiamo; utili, ma non indispensabili, perché ove ci si ribelli qualcun altro verrà in sostituzione, così, senza battere ciglio. Perché meglio così che niente. Ci mettono i piedi in testa? Sono cose da niente. Lo diceva anche Edoardo De Filippo: «è cos ‘e niente». Sono cose da niente che ci stanno riducendo, anzi, ci hanno ridotto a cose da niente. Eppure siamo uomini e donne. Carne e sangue. Esattamente come quei potenti, quei pochi potenti che, a livello mondiale, detengono la maggior parte della ricchezza del pianeta.

Noi, tutti noi, siamo indispensabili, l’uno per l’altro; anche per gli straricchi padroni del mondo, i quali lo stanno portando nell’abisso della distruzione dell’inquinamento e della guerra, anche per loro siamo indispensabili: è grazie a noi che sono potenti, è la nostra sottomissione al loro interesse il motivo per cui possono vivere nel lusso ed essere intoccabili. Ma se ci rendiamo conto di cosa possiamo fare tutti assieme e poniamo finalmente un freno al delirio di onnipotenza di costoro, ogni individuo, con relativa progenie, ne trarrà giovamento. Se continueremo a ritenerci utili e non indispensabili la Natura non tarderà troppo a cancellarci dalla faccia della terra. Ma quanta sofferenza nel frattempo...? !
È una battaglia politica. È una battaglia umana. È una battaglia indispensabile!

Siamo indispensabili a noi stessi per la vita, per lo sviluppo civile, per la convivenza pacifica. Siamo utili ad una elite per farla arricchire sempre più, per accrescere il malessere sociale, utili a far continuare il mondo così com’è, in un crescendo di disuguaglianza, di violenza, di ingiustizia. Indispensabili per il benessere di tutti, utili per il vantaggio di pochi.
È ora di capire cosa voglio essere: utile o indispensabile, anche se già so che da solo non servirà a nulla. Per lo meno sarò indispensabile a me stesso, nel preservare la mia mente dalla pazzia di un mondo che ha messo al centro di se stesso una cosa che è fuori da qualsiasi logica conservativa: la distruzione.

5 commenti:

  1. Io ho sempre apprezzato molto il detto: 'Tutti sono utili, ma nessuno è indispensabile'. Mi è sempre sembrato che aiutasse da un lato a riconoscere l'importanza di ciascuno e dall'altro ad evitare sia che qualcuno, sentendosi insostituibile, approfitti della propria posizione, sia che chi si trova senza la persona indispensabile si senta perduto. Insomma mi pare che aiuti a trovare un proprio ruolo, un proprio senso, con la giusta misura.
    Però tu cogli qualcosa di importante in ambito lavorativo e sociale, qualcosa che avviene soprattutto oggi ed hai proprio ragione! In ambito lavorativo si cerca sempre più di privilegare modelli organizzativi in cui ognuno sia una pedina intercambiabile, anche in ambiti in cui la preparazione richiesta porterebbe a valorizzare le particolarità di ciascuno. Gli unici che sembrano indispensabili sono i vertici. Anche nel mio lavoro ho visto personalmente questo tentativo, il nostro lavoro (sviluppo del software) è sempre meno legato alla capacità del singolo di trovare soluzioni e sta sempre più diventando ripetitivo e banale, questo lo rende sempre meno interessante, ma è comodo per l'azienda che può facilmente trovare sostituti.
    Concordo con la tua esortazione a sentirci indispensabili, aggiungerei che dovremmo anche darci da fare anche per tendere verso l'indispensabilità (pur rendendoci conto che essa è irragiungibile) in ogni ambito della nostra vita, lavorativo, ma soprattutto sociale e personale.

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  2. Io credo Roby che l’espressione ‘tutti utili, nessuno indispensabile’ sia da intendere come riferita all’organizzazione del lavoro, sia in campo pubblico che in ambito privato.
    Una squadra, concetto riferito a qualsiasi tipo di lavoro, è tale solo se ognuno fa il suo senza invadere il campo dell’altro, sia nel senso di far carico all’altro di parte o tutto il proprio lavoro sia nel senso di opprimerlo senza motivo o ragione e, quindi, per solo gusto di sopraffazione.
    Il concetto di utilità è alla base di quello di indispensabilità, mentre il secondo diventa orpello quando sopravvaluta l’utilità o le stessa non v’è affatto.
    Ho cercato nel web ed ho trovata una risposta significativa, te la propongo: “Bella domanda complimenti!!! Sono le persone che fanno la differenza e l'esempio più eclatante può essere Gandhi o Hitler ma non c'è bisogno di arrivare a loro ti basti pensare a chi è importante per te, ci sono persone fondamentali per la nostra vita e quando le perdiamo dire che stiamo male è un eufemismo ma sopravviviamo... non a caso si dice che quello che non ti uccide ti fortifica... per quanto non credo sia sempre vero anzi molte volte ti indebolisci comunque non posso e non voglio credere in una massa informe, le persone fanno la differenza chi nel grande chi nel piccolo chi fa differenza per il mondo chi fa differenza per chi gli sta intorno chi fa la differenza anche per una sola persona ma la fa la differenza... Forse è vero che tutti siamo utili e nessuno indispensabile o il mondo non andrebbe avanti se ci pensi bene perché basterebbe la morte di uno per scatenare una reazione a catena dalle dimensioni catastrofiche... ma non è sempre così c'è gente che è morta in seguito alla perdita di un caro per cui forse l'indispensabilità è soggettiva dipende dalle persone e non credo sia una scelta anzi è un cosa naturale...
    te lo dico col cuore in mano credo e spero che le persone facciano la differenza e che non siamo tutti una massa informe, me lo auguro davvero o sarebbe una cosa squallida... Forse non siamo indispensabili ma almeno utili e importanti sì... Prendimi per sognatrice, pazza, ingenua, illusa ma ci voglio credere, ci devo credere, ho bisogno di credere che facciamo la differenza e siamo utili non posso farne a meno o la vita perderebbe anche quel po' di senso che ha e non me lo posso permettere...”
    naturalmente, il diritto al richiamo rispetto ad un eccesso non compete a chiunque ma solo ha chi responsabilità di gestione, chi è il vertice del modello organizzativo o dei suoi veri segmenti.
    Chi si arroga tale diritto senza esserne titolare è un idiota e come tale va trattato.
    Nel contempo, è vero quanto tu affermi: ognuno è indispensabile a sé stesso, ci mancherebbe non fosse vero!
    Quindi non c’è frode perché non si viola nessun diritto.
    Il sentirsi dire “nessuno è indispensabile, tutti sono utili” non deve scandalizzare, perché esprime un principio di ordine nella vita e nel lavoro, che non sminuisce la consapevolezza che ognuno ha di essere anche indispensabile insomma, è questione di misura. Dicevano i latini “est modus in rebus”. Vuol dire che ogni cosa si può fare nel modo più appropriato, ogni circostanza deve essere affrontata con moderazione.
    “La responsabilità può essere definita come la possibilità di prevedere le conseguenze del proprio comportamento e correggere lo stesso sulla base di tale previsione.
    Si tratta di un concetto centrale nella filosofia morale, nel diritto, nelle scienze sociali in genere e perfino nel linguaggio aziendale corrente, campi nei quali il termine assume significati specifici.”(Wikipedia). (SEGUE)

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  3. “Deresponsabilizzazione: Indebolimento o eliminazione del senso di responsabilità” (Dizionario Hoepli).
    “Perdere il senso della propria responsabilità; non assumersi responsabilità.” (Dizionario italiano)
    Precisati questi concetti, la deresponsabilizzazione non mi sembra sia l’effetto dell’abbattimento del concetto di indispensabilità, ma di quello di senso di responsabilità del proprio agire, basato su una utilità effettiva e la conseguente sensazione di indispensabilità, modellata dalla moderazione della relativa sensazione.
    Quando invece si vuole imporre la propria indispensabilità penso di poter affermare che non lo si è effettivamente.
    Il grande Eduardo teorizzava con la sua celeberrima frase, peraltro non originale ma tratta dal parlare del popolo, la circostanza che la continua minimizzazione di ogni cosa reca l’effetto, deleterio, della rassegnazione. Non è il nostro caso!
    Tutto ciò che tu descrivi nel tuo post è una patologia della società, sintomo di una società malata, in cui i concetti sono stravolti e il rapporto non più fra lavoratore e datore di lavoro ma fra padrone e schiavo.
    Qui tempo tu abbia ragione. Ci siamo molto vicini.
    Post scriptum. Proprio quando la persona utile, che si sente indispensabile perché consapevole che è insostituibile, prevarica il luogo di lavoro e il proprio datore di lavoro, scatta il meccanismo della sanzione e della rimozione.
    Diverso il ragionamento nei rapporti interpersonali basati sulla parità fra esser umani. Qui siamo nei comportamenti privati, che sono ‘off limits’!
    Ribadisco: tutti utili, nessuno indispensabile, pena il disordine sociale.(FINE)

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  4. Purtroppo, e me ne dispiaccio veramente, io mi riferivo al momento storico che stiamo vivendo, nel quale tutti siamo indispensabili nel dare un apporto alla svolta necessaria; svolta che è prevalentemente politica.
    La questione sta nel fatto che, da anni, decenni direi, nel nome di un'economia fuorviante dai valori umani, si è perpetrato in ogni luogo, ed a maggior ragione sui luoghi di lavoro, un'umiliazione degli operai, degli impiegati, dei commessi, che ha reso sempre più difficile, fino a renderlo impossibile, recare la più piccola critica seppur a ragion veduta ed anche, spesso, a favore della collettività aziendale, vedendosi affibiata alla prima contestazione, la nomea di "rompipalle"; non parliamo di come poi potesse finire in caso di contratto a termine per questi più sfortunati.
    Ho puntato il dito sui luoghi di lavoro, che ormai sono quasi dei lager, dove in gioco non c'è certo la vita, ma sicuramente la dignità della persona; ma non è quello il problema al quale mi riferisco.
    L'assenteismo dalle urne è il sintomo più grave che ci affligge, e cioè l'indifferenza: questo volevo dire.
    Se ci si sentisse indispensabili per modificare le sorti nefaste del nostro paese, potremo tirarci fuori da questa melma. "Utile ma non indispensabile" può tornare ad essere un buon motto in un paese normalizzato rispetto alla deriva sociopolitica; non lo è ora, dove un sentire comune che si dovrebbe fare strada tra le genti, rende indispensabile la presa di responsabilità di ciascuno di noi, per costruire un'Italia degna di essere abitata e vissuta da uno dei popoli più laboriosi, artistici e ingegnosi che la storia abbia conosciuto.

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  5. Ho capito, mi sono fatto prendere dall’aspetto normativo. Ma mi domando: e i sindacati? Ci sono ancora o hanno fatto naufragio assieme ai profili politico-sociali di un Italia malata grave allo stadio terminale? Domanda retorica la mia.
    Mi domando anche se in altre nazioni europee si verifica lo stesso fenomeno e se i lavoratori (parlo di quelli del lavoro subordinato privato) siano tutelati o e riescano a tutelarsi meglio che in Italia. Questa non è una domanda retorica, come non lo è la domanda se questa caduta verticale di riconoscimento dei diritti e di tutela dei lavoratori privati parta da una condizione migliore nel passato, che si sia deteriorata a causa dello scadere della classe politica, a partire dal governo Craxi in poi e oggi abbia toccato il fondo.
    Ma tu ti riferivi alla vita politica della nazione e lì non so darti torto, però più che nell’indifferenza, concetto caro a Gramsci che attiene ai politici (è un dolce eufemismo) che se ne fregano altamente del benessere del cittadino, io parlerei di profondo disgusto e distacco dell’elettore, di essere al centro dell’attenzione del candidato (ma è un illusione transitoria) che una volta eletto, appunto, se ne frega e bada solo ai fatti suoi, senza alcun sentimento di pudore o di vergogna, fino al puto di ‘non accorgersi’ che la casa (peraltro anche brutta) che ha comprato a ridosso del Colosseo l’ha pagata a un prezzo irrisorio e non ha fatto domande né si è fatto domande sul perché costasse così poco senza badare ad altro. Salvo poi a ‘confessare candidamente’ che non s’era accorto che la differenza di valore, cospicua, era stata pagata da un costruttore.
    Ecco, è questo elettorato riluttante, assente alle tornate elettorali, sia politiche che amministrative, che andrebbe recuperato, tenendosi presente che l’assenteismo non è solo un fenomeno dell’elettore di sinistra ma anche, sia pure in modo minore, di destra.
    L’elettore deluso di destra credo sia difficile che questa destra riesca a recuperarlo, quello di sinistra invece avrebbe bisogno che la sua forza politica di riferimento elaborasse strategie, programmi di recupero del consenso e della individuazione di leader carismatico. Oggi il PD ha politici competenti, ma quanto a carisma non ci siamo. E il paese va a… escort! Ennio Flaiano, scrittore, sceneggiatore, giornalista, critico teatrale e cinematografico italiano, diceva, facendo l’autoritratto della società del suo tempo: “La situazione politica in Italia è grave ma non è seria”. Oggi possiamo parafrasarla dicendo: ‘la situazione politica in Italia è grave e seria’. E la prognosi è infausta.

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