martedì 28 agosto 2012

LA SICCITA’ STA ARRIVANDO




…e il sottotitolo sarebbe questo precedente post.

Lo scorso autunno inverno (2011/2012) in Friuli Venezia Giulia (ma anche in Veneto e in altre regioni del Nord) ha piovuto pochissimo, quasi nulla. E di conseguenza la neve è sparita. Sette mesi senza pioggia, un incubo di polvere.

L'immagine sopra è una delle conseguenze della siccità: le alluvioni.
A parte metereologi da strapazzo che insistono a chiamare BEL TEMPO solo un sole accecante, afoso, eccessivo e arido, mi piacerebbe che molti capissero che ANCHE QUESTO ECCESSO DI SOLE è MAL TEMPO.

Il modo per frenare questo disastro globale c'è, si chiama ENERGIE RINNOVABILI (prego chiunque di non chiamarle alternative, è mistificatorio).

Segue ora la traduzione di uno studio del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) del 27 Ottobre 2011. Una previsione azzeccata. Si noti che in Friuli il rosso è particolarmente acceso.

La causa antropogenica del cambiamento climatico è uno dei principali fattori dei periodi di siccità sempre più frequenti del Mediterraneo.

Ecco qui un grafico che mostra le precipitazioni  invernali nella regione del Mediterraneo per il periodo 1902-2010. Sul sito del NOAA prima linkato si possono vedere ad alta risoluzione.



Le siccità invernali sono sempre più comuni nella regione del Mediterraneo, e il cambiamento climatico causato dall'uomo è in parte responsabile, in base a una nuova analisi da parte degli scienziati del NOAA e del CIRES.
 
Negli ultimi 20 anni, 10 dei 12 più secchi inverni hanno avuto luogo nelle aree che circondano il Mar Mediterraneo.

"L'ampiezza e la frequenza della siccità che si è verificata, è troppo grande per essere spiegata con la sola variabilità naturale", ha detto Martin Hoerling, Ph.D. del System Laboratory del NOAA Earth System Research Laboratory a Boulder, Colo. Research Terra a Boulder, Colorado, autore principale di un articolo pubblicato online sul “Journal of Climate” questo mese. "Questa non è una notizia incoraggiante per una regione che sperimenta già stress idrico, in quanto implica che la variabilità naturale da sola non potrà far tornare il clima della regione alla normalità."

La regione mediterranea accumula la maggior parte delle sue precipitazioni durante l'inverno, e il team di Hoerling ha scoperto un modello che mostra la siccità invernale crescente in un’area che si estende da Gibilterra al Medio Oriente. Gli scienziati hanno osservato e utilizzato modelli climatici per indagare i diversi possibili colpevoli; tra questi la variabilità naturale, un modello climatico ciclico chiamato North Atlantic Oscillation (NAO) e il cambiamento climatico provocato dai gas serra rilasciati nell'atmosfera a causa dell’uso di combustibili fossili e di altre attività umane.

Il team ha scoperto che i cambiamenti climatici da gas serra spiegano circa la metà dell’aumento di siccità tra il 1902 e il 2010. Ciò significa che altri processi, non specificamente identificati nell’indagine, hanno anche contribuito ad aumentare la frequenza della siccità nella regione.

Il team si è trovato d’accordo sul fatto che l’aumento osservato nella siccità invernale sia correlato alle proiezioni dei modelli climatici che includono gli aumenti dei noti gas ad effetto serra. Le osservazioni e le simulazioni del modello mostrano un improvviso cambiamento di condizioni asciutte nel Mediterraneo a partire dal 1970. L’analisi inizia con l'anno 1902, perché è il primo anno in cui si ritrovano set di dati registrati sulle precipitazioni.
 
Qui un’immagine della siccità del Mediterraneo. Le parti evidenziate in rosso e arancione sono aree del bacino del Mediterraneo che hanno subito in modo significativo inverni asciutti durante  il periodo 1971-2010 rispetto al periodo di confronto 1902-2010.



In questa analisi, dalle modellizzazioni della temperatura della superficie del mare, è emerso che la causa  principale della siccità del Mediterraneo sia il cambiamento climatico. Negli ultimi decenni, il cambiamento climatico indotto dai gas serra ha causato un maggiore riscaldamento negli oceani tropicali rispetto alle altre regioni oceaniche. Questo modello mostra che ci sono condizioni meteorologiche favorevoli alla siccità in tutto il Mediterraneo. Gli scienziati hanno osservato che i tempi dei cambiamenti di temperatura dell’oceano coincidono strettamente con i periodi di siccità.

Il Mediterraneo è da tempo una zona del pianeta identificata come un "hot spot" per il notevole impatto dovuto ai cambiamenti climatici negli ultimi decenni di questo secolo, a causa della scarsità d’acqua nella regione, di una popolazione in rapida crescita; la modellazione climatica supporta una aumento del rischio di siccità.

"La domanda  riguarda il fatto se questa siccità abbia già cominciato a verificarsi in inverno, la stagione più importante per le risorse idriche", ha detto Hoerling. "La risposta è sì.".

Il fenomeno del cambiamento climatico è globale con un impatto a livello globale sui prezzi dei prodotti alimentari e sulla sicurezza dell'acqua.

I ricercatori del NOAA si sono impegnati a monitorare i cambiamenti del clima in molte regioni del mondo. Nel Mediterraneo la siccità invernale sta emergendo coma UNA NUOVA NORMALITÀ che porterà a minacciare la sicurezza alimentare. Le lezioni apprese dallo studio del clima in questa regione del Pianeta possono essere rilevanti anche per gli studi della regione occidentale costiera degli Stati Uniti, che ha un clima simile a quello della regione mediterranea dell’Europa e del Nord Africa.

Ci sono anche PREVISIONI al 2030 -2039. Eccole qui.

DANIELA

giovedì 23 agosto 2012

GRAZIE AL TUBERO




Come si sfamavano gli Irlandesi nell’Ottocento, se l’agricoltura irlandese serviva a sfamare gli Inglesi che, fin dal Settecento, deforestavano l’isola per coltivare grano, orzo, allevare animali per la carne, il burro e il formaggio?
Con le patate.

L’Irlanda, com’è noto, è un’isola e le isole sono sistemi più delicati rispetto ai continenti (Jared Diamond dal libro “Collapse”) perché finiscono prima.
I Romani non trovarono attraente l’Irlanda (quindi non disboscarono o scavarono buchi nel terreno e nella roccia come erano abituati a fare ovunque) e così, quando arrivarono gli Inglesi, era un posto pieno di foreste. E così, gli Inglesi, salvarono le loro foreste ma a scapito di quelle irlandesi.
Gli abitanti dell’isola, maltrattati e ridotti a servi della gleba, per sopravvivere disponevano di un pezzetto piccolo di terra, dove coltivavano le patate e pagavano l'affitto con il lavoro. Le patate, introdotte in Europa dagli Spagnoli tra il 1560 e il 1564, erano già presenti in Irlanda dal 1588.

Ma non furono subito accettate come alimento. Pare che nel 1565 Filippo II di Spagna inviò al Papa un certo quantitativo di patate, che vennero scambiate per tartufi e quindi assaggiate crude, e immediatamente sputate con disgusto. In Europa la diffusione della coltivazione della patata per scopi alimentari fu lenta e condizionata dalla diffidenza europea nei confronti di tutto ciò che “cresce sottoterra”. Nell’Encyclopédie del 1765 si affermava che la patata potesse diffondere la lebbra se consumata, inoltre era chiamata “cibo flatulento”. In effetti, i tuberi, se lasciati al sole, puzzano da morire. Erano date come cibo ai galeotti, e occorre dire che questa non era una grande pubblicità al tubero. Migliore fu l’opera di diffusione della patata come cibo da parte dei frati che la usarono negli ospizi e negli ospedali. Ma per quasi due secoli in tutta Europa la patata venne considerata per lo più come una curiosità botanica o come una pianta d’appartamento: i suoi fiorellini delicati, stellati e di un bel colore violazzurro erano veramente graziosi.

Dalla seconda metà del Seicento gli Irlandesi cominciarono a nutrirsi con le patate e divenne il loro alimento principale. La patata è fenomenale: non ci sono altre colture alimentari che producano tanta energia e proteine, per ettaro coltivato, come le patate.
Molte patate, molta energia a buon prezzo e molta manodopera per gli Inglesi. Il primo effetto della patata fu la crescita quasi esponenziale della popolazione irlandese. Dall’epoca di Cromwell, prima metà del Seicento, alla prima metà dell’Ottocento, prima della Grande Carestia, la popolazione irlandese quadruplicò, passando da due milioni a otto milioni.

Quindi riassumendo si ha un’isola, una monocoltura che sosteneva una popolazione in crescita e, nella prima metà dell’ottocento, quando gli Inglesi se ne andarono avendo esaurito le risorse, un terreno impoverito.
Questo il preludio alla Grande Carestia, quella tra il 1845 e il 1849.
Un equilibrio molto instabile. Poche risorse energetiche ed eccesso di popolazione. Bastava poco e l’equilibrio sarebbe andato in pezzi. Gli inglesi impoverirono il terreno disboscando e la peronospora diede il colpo finale alla povera popolazione irlandese, provocando anni di carestia. Dalla carestia alla decimazione della popolazione il passo fu breve.
 
Ma per fortuna L'irlanda non era un Pianeta.
Era solo una fragile isoletta, depredata e deprivata.

A seguito della grande carestia nizia  l'emigrazione irlandese di massa verso l’America e la Gran Bretagna.Con qualsiasi mezzo, anzhe zattere di fortuna.
Gli Irlandesi dovettero transitare in un luogo dove ci fosse sufficiente scorta di materia ed energia.

Adesso tutto il Mondo è Irlanda.

Non c’è un’America ad aspettarci, questo è il punto, siamo in piena crisi delle risorse, abbiamo inquinato, scavato, depredato e le fonti energetiche tradizionali sono in netto calo. Ovvero la cucina Pianeta Terra è con la dispensa quasi vuota e gli ospiti a tavola (sette miliardi) sono tanti. Occorre specificare che “alcuni” ospiti mangiano troppo e altri un bel nulla, forse ricevendo qualche rifiuto. Manca l'equità sociale che, invece, l’idea della cucina e della tavola di solito rende. Meglio chiarire che così non è.

A dimostrazione della scarsità di scorte ricordo che il 22 agosto 2012 è stato l'Earth Overshoot Day ovvero il giorno in cui il consumo di risorse naturali da parte dell’umanità sorpassa la produzione naturale annua della Terra. Nel 2011 fu il 27 settembre.
Siamo in debito con il Pianeta e con le generazioni future.

La popolazione cresce, se non in Europa, di sicuro negli altri Continenti. Da sempre il risultato di una crescita della popolazione è l’urbanesimo, e quindi il processo dell’urban sprawl avanzerà, trasformando il Pianeta in una città globale, dove ci sarà più caldo, in aggiunta al caldo del Global Warming. É dimostrato che nelle aree urbane, ovvero quelle grosse agglomerazioni di cemento e metallo, possa esserci un microclima fino a 4 gradi in più rispetto alle aree verdi circostanti. Il fenomeno è chiamato "urban heat Island" ovvero “isola di calore urbano”, dovuto principalmente ai materiali con cui la città è costruita, come cemento e asfalto che accumulano caldo.

Avremo l’effetto Trantor o peggio avremo la New York di “2022: i sopravvissuti”?
Oppure saremo inconsapevoli abitanti del pianeta Matrix?

Appena cresce la civiltà, dovrebbe crescere la consapevolezza dei limiti del Pianeta, e non a caso le donne dei Paesi ricchi fanno meno figli. Dovremmo capire che non possiamo, come stiamo facendo adesso, tenere pulito il nostro giardino, a discapito di quello del vicino povero (stiamo usando l'Africa come una pattumiera da troppo tempo), ma al contrario dovremmo capire che il GIARDINO E’UNO SOLO.
Un giardino possibilmente, non una pattumiera.

Un giardino dove l’unica scappatoia è combattere l’ingiustizia sociale (quella che spazzò via l’Irlanda dell’Ottocento) e garantire un livello minimo di benessere a tutti gli abitanti del pianeta.

Un esempio freschissimo: Il Sudafrica.
I minatori del Sud Africa sono neri, i poliziotti che gli sparano sono neri, l'apartheid è finito (o quasi) ma le ingiustizie sociali no.
Ripenso al libro “La moltitudine inarrestabile” di Paul Hawken, solo per credere che esista una via di fuga, un qualcosa che ci faccia cortocircuitare, ma che non sia una catastrofe come invece si annuncia.
Ma i pecuniocefali continuano a parlarci di Borse e di Rating, e, da manzoniana memoria (due volte nella polvere, due volte sull'altar- Cinque maggio) pare che l’Italia, per esempio, sia un giorno sia su e il giorno dopo giù.
L’Italia, l’Europa, i ricchi ed energivori paesi occidentali si stanno dimenticando l’aspetto fisico dei numeri finanziari. Si credono Civiltà ma stanno realizzando solo il DESERTO come apice di questa civiltà (Luis Sepulveda – Il vecchio che leggeva romanzi d’amore).

 Sembra che l’Umanità si voglia estinguere con le sue proprie mani. Il Pianeta, con i suoi tempi geologici, rimarginerà le ferite e farà sparire tutte le tracce umanoidi. Abbiamo già un esempio di questo evento, guarda caso un’altra isola, l’isola di Hashima, in Giappone, dal sinistro profilo di nave da guerra. Abbandonata alle forze della Natura è un monito che dovremmo avere ben chiaro nella memoria.

Daniela



sabato 11 agosto 2012

IL PIANETA BRUCIA E NON GLIENE FREGA NULLA A NESSUNO


Nel grafico sopra sono rappresentati i risultati di una ricerca da Google Trends del termine "riscaldamento globale". 
È possibile ottenere gli stessi risultati se si cerca "cambiamento climatico" o termini simili.
La recente ondata di calore negli Stati Uniti, la fusione di ghiaccio in Groenlandia, la perdita di ghiaccio artico, nulla sembra aver suscitato l'interesse del pubblico sulla questione del clima e lo si vede nel secondo grafico, quello sotto. La linea è piuttosto bassa...

Ma se invece si cercano termini come "siccità", ecco come cresce "esponenzialmente" l'interesse verso l'argomento. Segue il grafico che lo dimostra:




Ecco come le persone percepiscono che qualcosa non va, qualcosa che gli tocca l'immediato, tipo il portafoglio (costi di energia elettrica per raffrescarsi, costi di carburante, costi alimentari, costi idrici...).
Tuttavia QUELLE STESSE PREOCCUPATE PERSONE  non sanno unire invece i puntini dei due grafici che stanno sopra le linee dell'interesse, palesemente e brutalmente identici.
Un giorno, nel futuro, qualcuno si chiederà le ragioni di un tale fallimento massiccio della nostra civiltà.

Ringrazio il sito CASSANDRA LEGACY e in particolare il post THE PLANET BURNS AND NOBODY GIVES DAMN. 

lunedì 6 agosto 2012

IL CLIMATE CHANGE SI PUO' FERMARE?




Riporto dal blog EARLY WARNING di Stuart Staniford, scienziato e informatico, anche sottotitolato "Rischi per la civiltà globale" l'articolo che segue:
L'azione contro il cambiamento climatico non è senza speranza
Ringrazio per la segnalazione il professor Ugo Bardi.

E' facile sentirsi senza speranza a causa del cambiamento climatico. Più passano i decenni e più il tempo diventa pazzo e nel frattempo sembra che la Società (si intende quella UMANA, generale n.d.r.) non stia facendo assolutamente nulla di rilevante alla giusta scala (globale? n.d.r.) al fine di limitare il cambiamento climatico. Gli statunitensi si rifiutano di ridurre lo spreco (enorme da parte loro  n.d.r.) di risorse mentre cinesi e indiani (appena saliti alla tavola dei ricchi n.d.r.) stanno bruciando il carbone ad un ritmo sempre più rapido. Un modo per immaginare questa apparente situazione senza speranza è quello di conoscere il consumo totale globale di energia rispetto alla capacità solare ed eolica (le due fonti principali di energia realmente sostenibili). Che assomiglia a questo:



Visto così è proprio un disastro. Le due linee, quella verde (eolico n.d.r.) e quella arancione (solare n.d.r.) risultano poco significative rispetto allo zero (praticamente ci corrono sopra n.d.r.) della scala del nostro consumo totale di energia ovvero la linea blu, che continua a dirigersi inesorabilmente verso l'alto, dopo brevi interruzioni legate alla grande recessione (2008 n.d.r.)

Ma questo non è il quadro completo.

Ciò che non si riesce a capire da quel grafico sono i tassi di crescita, completamente differenti, delle tre forme di energia. Secondo gli ultimi dieci anni di dati (tutti, anche da BP), il tasso di crescita medio del consumo di energia primaria è stato del 2,7%. Nel frattempo però l'energia eolica è cresciuta del 25% e l'energia solare è cresciuta del 44%. E questo fa la differenza! Questi sono tassi di crescita estremamente elevati. Insomma la maestosa potenza della crescita esponenziale è dalla nostra parte!!!
(quella dei pecuniocefali - grazie Marco - finanziar-economici, dello spread, della borsa, dei profitti, dell'avidità...n.d.r.)

Per illustrare la vicenda come se fosse un cartone animato, si dia un'occhiata a cosa succederebbe se estrapolassimo questi dati relativi alla crescita delle citate forme energetiche e poi li proiettassimo all'anno domini 2040:

Come si nota dal grafico è evidente che per quanto riguarda tutto il prossimo decennio non ce la passeremmo proprio bene, ma poi la potenza della crescita esponenziale inizierebbe a mostrarsi al suo massimo, in particolare la linea dell'energia solare, e vediamo che le energie rinnovabili coprirebbero i consumi energetici dell'intero pianeta a partire dal 2030. 

Ricapitolando, visto il grafico, non si dovrebbe dire che la situazione ora è senza speranza, perchè sarebbe come dire, guardando un piccola ghianda crescere e costituire la sua prima manciata di foglie, che il piccolo alberello è senza speranza e che questo non sarà mai e poi mai una quercia.

Viste queste proiezioni riguardanti l'energia rinnovabile, potrebbe diventare fattibile il mondo eco - tecnologico, ovvero un mondo dove guidiamo auto elettriche,  riscaldiamo le case e gli uffici con pompe di calore, e facciamo girare tutto con i biocarburanti, e tutto grazie al potere del sole e del vento. E' un mondo in nuce, è la ghianda, non certo l'albero. 

E quindi adesso la cosa più importante da fare è proteggere questa ghianda, innaffiandola, dandogli ombra se il sole diventasse troppo forte, e fortificandola con dosi costanti di fertilizzante. 
  
Le cose più importanti da seguire, ora come ora, sono i tassi di crescita dell'energia solare ed eolica. Se questi tassi si mantenessero alti, la situazione non sarebbe disperata, indipendentemente dall'uso crescente di carbone che si sta perseguendo.

Ora, naturalmente, non sto dicendo che le curve rossa e verde del grafico siano esattamente le quantità di energia rinnovabile che si dovrebbero ottenere nel tempo prossimo venturo, potrebbero esserci dei rallentamenti. Un primo rallentamento è legato alla necessità tecnologica di integrare le fonti rinnovabili con l'uso energetico dell'elettricità, in modo da utilizzare solo questa fonte energetica in tutti gli aspetti della vita umana. Ovvero occorre integrare le energie rinnovabili a livello planetario per far fronte alla loro intermittenza
(per esempio di notte il sole non c'è n.d.r.).

Questo ci porta fino all'anno 2050 per avere una società che non utilizzi più l'energia da fonte fossile.


Il punto è che può non esserci disperazione.

Il clima peggiorerà - si vedano le siccità, le tempeste, la fusione del ghiaccio. I negazionisti diranno ancora più sciocchezze e diventerà ancora più urgente una azione globale contro il cambiamento climatico. Ad un certo punto succederà che le soluzioni saranno sempre più una sola soluzione. Quindi non scoraggiatevi se le vendite di auto elettriche attualmente sono molto basse o se l'uso di energia solare è una frazione molto piccola del consumo totale di energia. Questa è una partita da giocarsi lungo nel tempo.

Vale anche la pena notare che, in un paio di decenni appena, le energie rinnovabili potrebbero iniziare veramente  a crescere di scala e contemporaneamente potrebbe arrivare il momento di concentrarsi davvero sulla chiusura di tutte le miniere di carbone e di tutti i pozzi di petrolio. Ovvero quando la carbon-tax diventerà insopportabilmente punitiva e pesante, grazie ai regolamenti di Kyoto denominati "cap-and-trade".

In questo momento, l'attenzione massima dovrebbe essere rivolta alla protezione e crescita della ghianda eco -tecnologica.


* Nota dell'autore:  sì, so che sto confrontando la capacità di utilizzo di energia da fonti rinnovabili senza tener conto del fattore di capacità. Ma è anche vero che l'elettricità è molto più efficiente dell'energia primaria che deriva dai combustibili fossili. Diciamo che questa schematizzazione fornisce una idea rapida e illustrativa dell'aspetto generale di ciò che si sta trattando.

Nota di Daniela: 5 anni fa colsi un ghiandina appena sbocciata fuoriuscente dalla tana di un talpa. Era piccolissima, 10 cm al massimo. Avrebbe fatto un "brutta" fine perchè il luogo era deputato a PRATI STABILI, per cui sarebbe stata rasata al suolo.
Con abilità la portai con me in borsa, dentro un fazzolettino di carta e poi la piantai nel giardino. Adesso è un bel metro di FARNIA. E non intende smettere di crescere. Magari la battezzo Speranza.