In quella parte dell'animo umano più profonda, lì dove finisce il razionale, il conosciuto ed inizia ciò che ancora non si riesce ad afferrare e che forse non è conoscibile, in questo terreno dove è difficile entrare, quasi negato da alcuni, ma capace di guidare la persona verso comportamenti che vanno assolutamente al di là di quello che è determinato dai geni, dalla sua natura animale, dalla sua stessa sopravvivenza, possono insinuarsi impostori e portare le persone dove non dovrebbero.
La spiritualità è certamente insita nell'uomo, non credo che sia una costruzione culturale, c'è un bisogno profondo di andare oltre il conosciuto, di dare un senso a ciò che sembra sfuggire alla ragione. Forse è semplicemente quella parte di confine tra il conosciuto e lo sconosciuto che riusciamo ad affrontare solo con l'intuito, riservandoci però la possibilità di portarla alla luce con la ragione, non appena saremmo in grado di farlo. Invece se si cristallizza, se diventa scritto, se addirittura diventa una struttura solida, potente, non è più in grado di svolgere questa funzione e finisce per essere un freno a questo processo (che invece ha bisogno di fluidità). Se quelle intuizioni di qualcosa oltre ciò che già conosciamo, pretendono di diventare non più discutibili, assolutamente immobili, smettono di essere uno strumento verso l'elevazione e la conoscenza e finiscono per diventare uno strumento potentissimo in mano a chi cinicamente lo sfrutta per i propri interessi.
Credo dunque che sia indispensabile distinguere tra la spiritualità e le religioni istituzionalizzate, da una parte infatti abbiamo una spinta verso una forma particolare di conoscenza, di rapporto con l'esistente e con gli altri, dall'altra la cristallizzazione di alcune particolari intuizioni legate ad un momento storico, ad una comunità, a tradizioni ben precise che poi sono proposte anche al di fuori di questo contesto. La mia sensazione è che la spiritualità tenda ad unire, a favorire il superamento di ciò che ancora non ha trovato un suo ordinamento definitivo, mentre le religioni istituzionalizzate tendano a dividere, perché ognuna si sente depositaria della verità assoluta ed in quanto assoluta non tollera che ci siano altre verità. Ovviamente nella realtà le cose non sono mai così nette come quando si tenta di descriverle, all'interno delle istituzioni religiose ci sono persone mosse da un autentico sentimento spirituale e al di fuori ci sono anche persone che si sentono mosse da intuizioni mistiche, ma che stanno solo raggirando se stesse e chi li segue.
Così mi sento in sintonia con le motivazioni di chi si pone contro le religioni, perché in loro nome si sono combattute guerre (ma poi, a ben vedere, esse erano solo la copertura di motivazioni diverse, principalmente economiche, però faceva comodo ammantarle in questa maniera per ottenere il consenso delle masse); con chi si pone contro di esse in quanto freno alla conoscenza, credo infatti che se le sue tematiche vengono realmente approfondite da una ricerca sincera possono essere al contrario uno sprone alla conoscenza e probabilmente lo sono state in molte occasioni, ma effettivamente se sono ferme nei loro 'dogmi', se ci sono affermazioni, presunte verità, che non possono essere messe in discussione e di cui si è persa l'origine, sono effettivamente un freno; e mi sento in sintonia con chi teme che vengano utilizzate per far accettare cose che altrimenti non sarebbero accettate e le cui motivazioni reali non sono quelle religiose.
Effettivamente la religione è spesso stata utilizzata da chi deteneva il potere per evitare che venisse messo in discussione, per evitare che le popolazioni si ribellassero contro le ingiustizie sociali, la sua autorità è spesso stata utilizzata per convincere, quando non c'erano altri modi per farlo.
Ma mi sento anche in sintonia con chi vive un autentico sentimento religioso, con chi intuisce un ordine superiore a quelli che conosciamo con la razionalità, con chi cerca di migliorarsi, con chi ha trovato un nuovo modo di vivere più in armonia con ciò che lo circonda. Mi permetto solo di suggerire di mantenere sempre aperta anche la ragione e di non accettare supinamente imposizioni e precetti, di cui non si comprende il senso, solo per l'autorità di chi li raccomanda.