domenica 29 aprile 2012

CLUB DI ROMA 2 - IMPOPOLARI


Ho sempre meno tempo, e mi rendo conto che ci stanno fregando rubandoci il Tempo, che è sempre di meno.

Ho letto una intervista fatta a Dennis Meadows del febbraio 2012. Dennis Meadows coordinò il team di sedici ricercatori del MIT di Boston su incarico del CLUB DI ROMA, idea del grande Aurelio Peccei.

Nell'intervista emerge un punto fondamentale: se nel 1972 si poteva rallentare la crescita e organizzarsi in una società equa, pacifica e ben distribuita (in fondo eravamo "solo" 4 miliardi di umani), adesso, dice Meadows "ci aspetta un periodo di decrescita incontrollata che ci porterà verso un equilibrio che non siamo in grado di prevedere".

Adesso siamo già oltre 7 miliardi e con bisogni, magistralmente orchestrati dal marketing, che non potrebbero essere soddisfatti nemmeno con 100 volte il PIL MONDIALE.

Meadows sostiene che il "Rapporto sui limiti alla crescita" del marzo 1972 non voleva essere una banale dimostrazione che "in un mondo di risorse finite ci fossero dei limiti alla crescita poiché era evidente". Anche se questa evidenza non si evince dalle scelte dei decisori politici di allora e attuali.

Continua
Meadows nella intervista che i messaggi , come fu il loro nel 1972, che obbligano a riflessioni, non sono accettati.

Negli anni settanta la frenesia esponenziale era così forte che non poteva essere colta la previsione di quel messaggio: se popolazione e industrializzazione crescono in modo esponenziale si arriverà quanto prima al limite.

Negli anni ottanta il messaggio fu abbandonato nel mare di TROPPO che abbiamo cominciato ad avere, anche singolarmente (ovviamente parlo di quel miliardo di persone che non muore di fame o di diarrea o di guerra): macchine, moda, viaggi di lusso e non di conoscenza. Ecco casomai la conoscenza era su una strada inversamente proporzionale, noi italiani siamo diventati particolarmente ben vestiti e truccati e particolarmente rozzi e superficiali.

Negli anni novanta cominciarono a emergere seri problemi ambientali ma, garruli e sciocchi, gli umani si son dati una risposta digeribile: risolveremo tutto con la tecnologia e con il "libero mercato". Sulla tecnologia esiste il Paradosso di Jevons come risposta a quanto serva la tecnologia abbinata alla mente esponenziale.

Negli anni del nuovo secolo, i famigerati anni 2000 della Crisi di Tutto (ma la Crisi è nata con la Rivoluzione industriale, e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, la globalizzazione degli effetti sull'ambiente sono diventati evidenti perlomeno nelle aree come Gran Bretagna - dove fu costruito nel 1870 il primo inceneritore a Paddington -
e U.S.A. dove tale rivoluzione era partita per prima) dice Meadows, visto che mercato e tecnologia non hanno dato i buoni risultati necessari, ecco che la fissazione è stata sul PIL e conferma dicendo che "nel 2010 si è iniziato a sostenere che se fossimo stati in grado di controllare la crescita non ci si sarebbe dovuti confrontare con questi problemi".

SI PUÒ ANCORA PARLARE
DI "SVILUPPO SOSTENIBILE"?

Secondo me "sviluppo sostenibile" è un ossimoro, preferisco parlare di SOSTENIBILITÀ, una scelta più condivisibile rispetto all'avidità dell'essere esponenzialmente finanziario del libero mercato.

Meadows così risponde:
"Oggi è più che mai necessario fare il possibile per metterci sulla strada della sostenibilità. Bisogna comprendere i fatti, affrontarli con realismo. ma ci comportiamo come se i cambiamenti tecnologici possano sostituire quelli sociali, Che bisognerebbe fare? Non confidare nel tempo a disposizione, ADOTTARE PROVVEDIMENTI IMPOPOLARI ma necessari per affrontare la fase di declino. Per esempio ridurre le attività industriali per rallentare i cambiamenti climatici o aumentare il costo del petrolio per evitare il collasso quando non ce ne sarà più. Andare verso uno sviluppo sostenibile è come cambiare abitudini acquisite nel tempo: comporta una riflessione, probabilmente si commetteranno errori. All'inizio è scomodo, ma possibile."

Intervista tratta da "La nuova ecologia" aprile 2012


Daniela

martedì 3 aprile 2012

IL CLUB DI ROMA




Cliccando qui arriverete a un interessante video del Club of Rome, dedicato al PICCO DEL PETROLIO.E' in inglese ma ha anche i sottotitoli in inglese e quindi è mediamente comprensibile.

Il Club di Roma conquistò l'attenzione dell'opinione pubblica con il suo LIMITI ALLO SVILUPPO (12/03/1972) che ragionava sul fatto che la crescita economica non potesse continuare indefinitamente a causa della limitata disponibilità di risorse naturali, specialmente PETROLIO, e della limitata capacità di assorbimento degli inquinanti da parte del pianeta.
Il libro originale si chiamava LIMITS TO THE GROWTH malamente tradotto in italiano come I LIMITI ALLO SVILUPPO (GROWTH vuol dire CRESCITA), è stato edito con lo scopo di fornire ai leader mondiali che si apprestavano a incontrarsi nella terza Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (aprile 1972 a Santiago del Cile) e soprattutto la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano (giugno a Stoccolma) degli strumenti concettuali assolutamente fondamentali per decidere il futuro dell’umanità.
L'ideatore fu Aurelio Peccei, torinese, alto dirigente Fiat, antifascista, fondatore dell'Alitalia, rimise in sesto l'Olivetti e fondò l'Italconsult. Un dirigente d'azienda, non un ecologista, un cosmopolita e competentissimo fondatore e direttore, in America Latina, una delle più fortunate filiali estere della Fiat.
Alla fine degli anni ‘50 Peccei decise di dedicare una parte del suo tempo “alla riflessione sui bisogni e sulle prospettive umane” con la precisa volontà di fare qualcosa di concreto anche in questo campo.
Il risultato è stato LIMITS TO THE GROWTH, un libro odiato ubiquamente proprio perchè ebbe successo immediato. Fanfani, seppure in modo superficiale, lo portò in Senato, ma dopo, già negli anni Ottanta, quelli della Milano da bere, il libro fu dimenticato nella ressa della crescita dei consumi, a cui seguirono negli anni Novanta l'apertura ai mercati dell'Est dopo la caduta del muro di Berlino e l'arrivo dei BRICS, principalmente la Cina. C'era ancora spazio di "crescita economica".
E nel dibattito che un po' segui l'uscita del libro (semplice da leggere) ci fu una presa unanime di ostracismo nei suoi confronti.In sintesi la Chiesa non lo sopportava perchè predicava la riduzione della natalità e per lo stesso motivo lo odiarono Indira Gandhi e altri leader; i capitalisti italiani con il Sole24ore non accettavano che le sue idee potessero ridurre i margini dei loro guadagni per ridurre l'inquinamento che obiettivamente creavano su tutto l'ambiente (le chiamano esternalità, ovvero i guadagni sono loro e i rischi di tutti); la destra pseudo cristianfanatica lo odiava sempre per la questione della natalità oltre del fatto che avevano preso le sue TENDENZE come PREVISIONI (adesso si può dire che le TENDENZE si sono verificate). La sinistra, sia quella moderata e sia quella oltranzista, si fecero sopraffare dalla ideologia del buon operaio che salva l'ecologia quando andava bene, e sennò lo definì un libro odioso perchè fatto da dirigenti d'azienda e da industriali e quindi IL NEMICO.
L'Italia politica e intellettuale non comprese l'importanza del libro, un libro che dava prospettive sul futuro, analizzando un presente già chiaramente in declino fin dagli anni sessanta. Gli anni settanta furono gli ultimi anni di vero dibattito democratico (il grande Pasolini era lì), ma provinciale, e con una visione corta del PROPRIO FUTURO, l'Italia allontanò da sé un italiano geniale e competente come Peccei (nemo propheta in patria).
Io credo che si perse una occasione, importante per comprendere meglio l'evoluzione civile dell'Italia (e del Mondo, ma qui parlo dell'Italia).La mia generazione, nata nei sessanta, avrebbe avuto più occasioni di vivere in un mondo migliore e soprattutto avrebbero avuto più occasioni quelli nati dopo di me, nei settanta e ottanta e così via.
Capire dove il Mondo stava andando a quel livello di crescita indiscriminata sarebbe stato importante, avrebbero potuto essere prese decisioni IN TEMPO, e non adesso CON L'ACQUA ALLA GOLA. E non credo che le TESTE PARZIALI capiscano che siamo con l'acqua alla gola.
PER CHI vuole saperne di più veda "I LIMITI DELLO SVILUPPO IN ITALIA - CRONACHE DI UN DIBATTITO 1971-74 di Luigi Piccioni e Giorgio Nebbia" sul sito di Greenreport che ringrazio.

Daniela

lunedì 2 aprile 2012

E IL FISCO?



Ecco il sistema statunitense per BECCARE GLI EVASORI.

Perchè ancora di FISCO NON SI PARLA IN ITALIA, ci sono ANCORA i grandi e i piccoli evasori, mentre chi è onesto arriva al suicidio d'onore o di disperazione oppure al rogo (una novità in Italia).

Chi è onesto come artigiano e imprenditore paga anche per i colleghi disonesti, mentre chi ha il reddito fisso NON HA ALTERNATIVE (a meno che non faccia lavoro in nero).

Il punto è quello: chi è onesto o non ha alternative deve pagare e basta e siccome lo Stato ha BISOGNO di TOT ecco che lo spremono dai soliti noti.

E adesso con il signor Monti (non è il premier nessuno l'ha votato) si è arrivati all'acme non solo delle tasse ma anche della confusione per pagarle.

Ecco un esempio.

Alla recessione generale si aggiunge quella delle vendita e acquisto di case (eppure non smettono di costruirne, lordando il poco suolo fertile - più o meno - che ci rimane).

Bloccata.

I prezzi strascesi e, a meno di qualche ricco e danaroso investitore che compra a prezzi ribassati (ma sarebbe meglio dire GIUSTI, è prima che erano troppo alti) decine di case alla volta (ci sono ci sono), poche, pochissime vendite. Perchè?

IMU Ignota.

Anzi IMU E MUTUI che nessuna banca, benchè rinvigorita dalla BCE, da in concessione.

Anzi anzi, IMU, MUTUI NON CONCESSI E RECESSIONE.

Una volta l'edilizia era il VOLANO dell'economia, ma se lo fosse ancora, dubito che riprenda quota.

Da un lato va bene, meno spreco di suolo (però è solo un feedback positivo, mica presa di coscienza), ma che ne sarà di tutte quelle case vuote?

Case vuote da una parte, gente senza stipendio, senza lavoro e magari anche senza casa dall'altra.


Mi sto immaginando disordini sociali che non succederanno?

Speriamo. Occorre cambiare metodo nell'affrontare la crisi e ciò emerge sempre più dalle scelte di un governo composto pelropiù da teste parziali.