domenica 15 maggio 2011

Bravo Einstein, avevi ragione

BARBARA GALLAVOTTI

Sono passati 52 anni da quando alcuni ricercatori cominciarono a sognare sfere perfette, con le quali verificare la correttezza della Relatività di Albert Einstein. Juri Gagarin non era ancora andato nello spazio, Fidel Castro aveva appena preso L'Avana e la Barbie era una bambolina appena messa in commercio. Dopo oltre mezzo secolo, la Nasa ha annunciato che il sogno si è realizzato: i ricercatori hanno concluso l'analisi dei dati dell'esperimento «Gravity Probe B» e le ipotesi di Einstein risultano confermate. Missione compiuta, dunque, alla modica cifra di 760 milioni di dollari, i cui ultimi spiccioli si devono a una compagnia privata e alla nuova università dell'Arabia Saudita. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista «Physical Review Letters».

In 52 anni, però, possono accadere molte cose, non solo alle bamboline, ma anche agli interrogativi della fisica. Così le risposte arrivate da «Gravity Probe B» hanno perso molto dello smalto che avrebbero avuto 50 anni fa. Perché nel frattempo un piccolo Davide italiano ha battuto il vetusto Golia con un esperimento a costo quasi zero, e perché le frontiere della conoscenza si sono spostate più avanti, trascinando con loro alcuni dei grandi interrogativi posti da Einstein. Così l'annuncio della Nasa non riesce a far battere i cuori. Eppure, la storia di «Gravity Probe B» non manca di un lato eroico, perché ci ricorda che la Grande Scienza è costellata di imprevisti e non sempre tutto va come ci si aspetterebbe, ma questo non è un buon motivo per non tentare...

Il cuore dell'esperimento sono quattro sfere perfette, grosse quanto palline da ping pong e poste in orbita intorno alla Terra. Sono state pensate per essere giroscopi estremamente precisi, in modo tale che, una volta messe in rotazione, mantenessero inalterato il loro asse. Gli unici eventuali cambiamenti di direzione avrebbero dovuto essere quelli dovuti agli effetti della teoria della Relatività che si volevano verificare, in particolare quelli dati dalla deformazione dello spazio-tempo dovuta alla presenza della Terra (cioè di un corpo dotato di massa) e dal fatto che questa gira su se stessa e ciò fa sì che lo spazio-tempo subisca una minuscola torsione.

Una volta in orbita, «Gravity Probe B» ha preso dati per 17 mesi dal 20 aprile 2004. Si poteva sperare di avere i risultati in breve tempo, se non fosse sorto un imprevisto: le sfere erano perfette dal punto di vista geometrico, ma accumulavano sulla superficie cariche elettriche e questo rovinava le loro prestazioni, introducendo nelle misure un errore tre volte più grande di ciò che si voleva verificare. Come misurare la lunghezza di una formica con un righello che porta segnati i centimetri invece che i millimetri. «Gravity Probe B» è incorso insomma nella bestia nera degli esperimenti destinati a svolgersi in orbita: un evento non calcolato, dovuto al fatto che non possono essere provati qui sulla Terra e, quando arrivano lassù, è troppo tardi per eventuali modifiche. I ricercatori quindi sono stati costretti a un laborioso lavoro di «pulizia» dei dati che li ha tenuti impegnati fino ad oggi.

Nel 2004, però, il Davide italiano scoccava i micidiali tiri della sua fionda. La quale era una sorgente di luce laser diretta verso due satelliti «Lageos», posti in orbita negli ultimi decenni del '900 per eseguire alcune misure sul comportamento della crosta terrestre. I due satelliti hanno una superficie riflettente e i ricercatori italiani, guidati da Ignazio Ciufolini dell'Università di Lecce, hanno utilizzato la misura del tempo che la luce laser impiega per tornare indietro in modo da localizzare con precisione la loro posizione. Grazie a questa informazione hanno poi stimato la deformazione dello spazio-tempo dovuta alla Terra in rotazione. È l’effetto gravito-magnetico, proprio uno degli aspetti della Relatività che «Gravity Probe B» si proponeva di verificare. «Le nostre conclusioni sono state poi confermate da diverse analisi indipendenti dei dati orbitali dei “Lageos”, grazie alla collaborazione di gruppi dell'Agenzia Spaziale Tedesca e delle Università del Maryland e del Texas», spiega Ciufolini.

Oggi, quindi, i risultati di «Gravity Probe B» non fanno altro che confermare qualcosa che già in larga parte conoscevamo. E nella scienza le conferme sono fondamentali, ma non hanno l'impatto della prima scoperta. Nel frattempo i ricercatori guardano avanti, verso analisi sempre più precise: «Entro pochi mesi partirà la missione “Lares”, sotto la responsabilità dell'Agenzia Spaziale Italiana, che consentirà di eseguire nuove e sempre più precise misure dell'effetto gravito-magnetico», aggiunge Ciufolini. Perché, se nel corso dei decenni la Relatività ha trovato innumerevoli conferme, restano aperti molti grandi quesiti ai quali non riusciamo a rispondere. Ad esempio
perché l'Universo sembra accelerare la sua espansione. Oppure come si concilia la teoria della Relatività con la meccanica quantistica, che descrive ciò che accade nel mondo dell'infinitamente piccolo.

Grandi domande la cui risposta potrebbe essere nascosta in impercettibili pieghe dello spazio-tempo. Pieghe che forse non sfuggiranno al prossimo esperimento.

1 commento:

  1. Eccola, l'eccellenza Italiana che affiora, di tanto in tanto, ma regolarmente. A testimonianza del fatto che è la politica sbagliata ad ostacolare la ricerca; a produrre la fuga dei cervelli; a confinarci in limiti che non ci appartengono. Dobbiamo esserne orgogliosi.

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