Estraggo dal discorso che SERGE LATOUCHE ha letto, nei giorni scorsi, al Parlamento Europeo a Bruxelles alcuni importanti principi.
Al summit (G8/20) di Toronto è stato proposto il "rigore-rilancio" per superare l'attuale crisi economico/finanziaria globale ovvero il recupero controllato nel rigore e l'austerità temperata dallo stimolo. Una specie di soluzione per risolvere la situazione critica causata dalla destabilizzazione degli Stati da parte dei mercati finanziari che questi stessi Stati avevano salvato dal collasso. Una formula “ammirevole” che dice che si deve premere sia sul freno che sull'acceleratore.
Latouche risponde a questa formula assurda con "né rigore né di rilancio!".
La crisi greca si inserisce nel contesto più ampio di una crisi dell'euro e di una crisi dell'Europa. Una crisi di civiltà della società dei consumi, una crisi che mette in connessione una crisi finanziaria, una crisi economica, un crisi sociale, una crisi culturale e una crisi ecologica.
Latouche sostiene che risolvendo la crisi dell'Europa e dell'euro, se non la crisi della civiltà consumistica, si risolverà la crisi della Grecia, ma che mantenendo la Grecia attaccata alla flebo, a colpi di prestiti condizionati attraverso cure sempre più severe di austerità, non si salverà né la Grecia né l' Europa e come risultato si saranno gettati i popoli nella disperazione.
Joseph Stiglitz raccomanda le vecchie ricette keynesiane di rilancio dei consumi e degli investimenti per far ripartire la crescita.
Terapia non auspicabile, perché il pianeta non può più sopportare ancora crescita a causa del depauperamento delle risorse naturali già in atto dagli anni settante.
I costi della crescita (quando si è verificata) sono sempre stati superiori ai benefici.
In una società della crescita senza crescita, che corrisponde grosso modo alla situazione attuale, lo Stato è condannato ad imporre ai cittadini l'inferno austerità, prima di tutto con la distruzione dei servizi pubblici e la privatizzazione di ciò che è ancora possibile vendere dei gioielli di famiglia. In tal modo si corre il rischio di creare una deflazione e di entrare nel ciclo infernale di una spirale depressiva.
E' proprio per evitare questo che si dovrebbe intraprendere l'uscita dalla società della crescita e costruire una società in descrescita.
Nel caso della Grecia richiede come minimo di uscire dell'euro e ripristinare la Dracma, con tutto ciò che questo comporta: controllo dei cambi e ricostituzione delle dogane.
Nell'antica tragedia greca, la catastrofe è l'argomento della strofa finale.
E noi siamo a questo punto.
Un popolo vota in massa per il Partito Socialista il cui programma è stato classicamente socialdemocratico e, sotto la pressione dei mercati finanziari, si vede imposta una politica di austerità neo-liberale da quello stesso partito, in obbedienza agli ordini congiunti di Bruxelles e del Fondo Monetario Internazionale.
L'Euro impedisce alla Grecia di fare ciò che l'Islanda ha potuto fare: rifiutare democraticamente il diktat.
Probabilmente la maggioranza del popolo greco non accetterebbe, e in ogni caso non facilmente, le conseguenze dell’uscita dall'Euro, dal ripudio almeno parziale del debito pubblico, dalla probabile messa al bando da parte dell'Europa e dall’embargo dei paesi danneggiati, dalle fughe di capitali, ecc.
Ma le "lacrime e sangue", prendendo le famose parole di Churchill, ci sono già, ma senza la speranza di vittoria.
Il progetto della decrescita non promette di evitare il sangue e le lacrime nell'economia, ma almeno apre la porta della speranza.
L'unico modo per sfuggire a questo stato di cose, ce lo auguriamo vivamente, sarebbe quello di riuscire a far uscire l'Europa dalla dittatura dei mercati e costruire l'Europa della solidarietà e della convivialità, questo cemento del legame sociale che Aristotele chiamava filia.
Sarcastico Serge Latouche, non senza ragione. Bello l'intervento, 'apre la porta alla speranza'.
RispondiEliminaUna curiosità. Il primo Maresciallo Comandante col quale ho avuto a che fare da vice direttore a Firenze Casa Penale si chiamava Filia. Era un sardo intelligente e molto astuto.
Cresci, cresci, cresci... poi fai il tonfo.
RispondiEliminaCiao Luigi.
RispondiEliminaFILIA è ciò che vogliono gli esseri umani, è quello che ci stanno togliendo...vogliamo simpatia attrazione attenzione, invece stiamo diventando il suo contrario, FOBICI, e lavoriamo sei giorni su sette per pochi euro, per non salutarci, per non ascoltarci, correndo in mezzo all'inquinamento ai falsi bisogni alle menzogne.
Ciao Sciuscià, grazie per la visita.
RispondiEliminaAnche io ti leggo, hai un blog decisamente originale.
Sono orami molti gli economisti non neoliberisti che propugnano il ritorno ALLA INFLAZIONE E AL PROTEZIONISMO.
MA COME SI FA CON L'EURO?
Come può la Grecia tornare alla Dracma?
Eppure probabilmente sarebbe la sua salvezza.
In generale hai ragione, ma non è (stato) il mio caso.
RispondiEliminaQuanto al ritorno alle divise nazionali, a mio giudizio se si tratta di un po' di nostalgia (la 'liretta', per esempio) bene, altrimenti mi sembra una follia. Senza l'euro tutti i paesi c.d. "PIGS" + l'Italia sarebbero ormai allo sbando e noi saremmo dei morti di fame, come lo eravamo nel 1945.
Come promesso a Daniela, riporto uno stralcio dal libro di Naomi Klein, "Shock Economy".
RispondiElimina"Le nuove regole del gioco erano in mostra a Washington il 13 genaio 1993. L'occasione era una conferenza piccola ma importante, riservata agli invitati, al decimo piano del Carnegie Conference Center su Dupont Circle, a sette minuti di macchina dalla Casa Bianca e a pochi passi dal quartier generale del FMI e della Banca Mondiale. John Williamson, il potente economista noto per aver detato le linee guida sia della Banca sia del Fondo, aveva convocato la riunione come incontro storico della tribù neoliberista.
Nella sua conferenza, Williamson non parlo ella necessità di salvare un Paese dalla crisi: anzi, parlò con trasposrto di eventi cataclismatici. Ricordò al pubblico le prove schiaccianti del fatto che solo quando i paesi soffronodavvero accettano di ingoiare la medicina amara del mercato; solo quando sono soto shock si piegano alla shockterapia. <> dichiarò.
Il commento di Williamson rappresentava un grosso balzo in avanti per la dottrina dello shock. In una stanza che conteneva tanti ministro delle finanze (che quindi sanno benissimo cosa fanno quando fanno una manovra di austerity n.d.r.) e direttori di banche centrali da fareinvidia a un summit mondiale sul commercio, veniva discussa apetramente l'idea di creare dal nulla una grave crisi in modo da poter spingere la shockterapia.
Non c'erano prove che Williamson stesse scherzando. Anzi, c'erano prove concrete che le sue idee fossero già messe in pratica ai massimi livelli dalla finanza a Washington e oltre (Chile, Cono del sud america in generale e Indonesia docet, n.d.r.).
Saluti
Mi scuso per gli errori di battitura nel testo che ho riportato. la fretta... arisaluti
RispondiEliminaPenso sia abbastanza chiaro che una crescita sostenibile, arrivato ad oggi, sia un ossimoro.
RispondiEliminaQuesto perché non si è fatto nulla per contenere l'espansione del cosiddetto "progresso", divenuto ora la malattia che ci sta uccidendo.
Io la vedo, sostanzialmente, come Latouche.
Praticamente potrebbe essere l'unica via di salvezza, ma sono piuttosto pessimista, come Daniele.
Ciao Luigi.
RispondiEliminaLa proposta del ritorno alle monete nazionali e al protezionismo sono da prendere in considerazione, anche se molto difficili da attuare, perchè sono in controtendenza al LIBERO MERCATO e inoltre, sono avvertite da un sempre maggiore numero di economisti e studiosi di macroeconomia.
Anche io ero convinta della nostra debacle, ma perchè pensavo a raggio corto.
Pensando a raggio lungo invece no.
Certo avremmo avuto ostacoli maggiori a piazzare prodotti italiani in concorrenza con i grandi produttori esteri (metallurgia e chimica per esempio) ma turismo, cibo e moda e altre specialità italianissime credo avrebbero avuto sempre mercato.
Avremmo sprecato meno suolo, perchè ci sarebbe servito per produrre il nostro cibo, e così avremmo inquinato meno le falde e i fiumi e i mari perchè erano un'altra fonte di cibo.
Avremmo avuto meno scemenze televisive e più soldi per la formazione e la ricerca.
Meno macchine e viaggi aerei, e meno grandi ricconi.
Insomma saremmo sembrati MENO TRENDY per un po' per poi diventare MOLTO TRENDY.
Almeno credo.
La GRANDE CRISI forse ci avrebbe colpito di meno perchè si era fuori dal LIBERO MERCATO.
Con la lira sia io e sia mio marito avevamo STIPENDI ECCELLENTI, con l'euro siamo diventati POVERI.
E i poveri POVERISSIMI.
Io immagino così adesso, perchè adesso sto vedendo i disastri della globalizzazione.
E anti globalizzazione non vuol dire che mi rinchiudo in me stessa, vuol dire PRINCIPIO CHILOMETRO ZERO.
Ciao Bonobo.
RispondiEliminaGrazie per aver riportato un pezzo esemplificativo della Klein.
In sintesi si arirva a dire:
TI METTO IN CRISI COSI' TU VAI IN GINOCCHIO E FAI QUELLO CHE VOGLIO.
E infatti citi luoghi (Chile, Corno, Sud America ecc.) che probabilmente hanno subito quel trattamento.
Io ci aggiungo l'Europa.
Non a caso la Merkel ADESSO vuole agenzie di rating europee (ovvero non cambia nulla del neoliberismo ma perlomeno si decide IN HOUSE quando fare esplosive dichiarazioni).
Daniela, io non sono in grado di formarmi una opinione autonoma, come fai tu. Ne so troppo poco. Fino al 2004 facevo un altro mestiere e non mi occupavo di altro.
RispondiEliminaIl tuo discorso è molto convincente, davvero.
Non so che dire che, salvo richiamare opinioni di altri, secondo le quali il ritorno alle monete nazionali significherebbe essere travolti dal e nel mercato globale, come si rischiava di esserlo all'atto dell'ingresso nell'euro, tant'è che fu fatta una manovra correttiva dei conti pubblici di oltre cento miliardi di lire, forse più, non ricordo bene. Ministro del Tesoro era era Carlo Azeglio Ciampi. Per qaunto mi è stato dato di leggere, il vero problema è consistito nel non aver dettato regole logiche e forti per governare il mercato.
Forse non era possibile, forse non lo sarà mai, in tal caso il disastro vi sarà, su scala planetaria. Di più non so!
A me sembrano cortine fumogene, artifici retorici per ingannare l'opinione pubblica, non certo la speculazione internazionale sui debiti sovrani degli Stati.
RispondiEliminaQuand'anche fosse, secondo te si fermerebbero?
Caro Luigi, il neoliberismo che invade tutta la regolamentazione europea (libero mercato, libera concorrenza ecc.) NON vuole proprio PER NULLA GOVERNARE CON LEGGI il mercato medesimo.
RispondiEliminaDall'arrivo dell'euro molti italiani di classe media sono diventati poveri e il valore delle loro case adesso si è pure dimezzato mentre i mutui nontinuano a dover essere pagati per quella cifra iniziale FALSA che il mercato, libero e bello, IMPONEVA.
Ripeto sono molti gli economisti che sostengono il ritorno alla moneta nazionale, anche perchè, l'euro non ha nulla di simile a quelle che furono le monete nazionali, ma non per questioni di identità nazionale, ma per intrinseche virtù, come per esempio poter governare il proprio mercato.
Che dirti, io ho letto, letture sporadiche quà e là, che da una parte occorreva ed occorre regolamentare il mercato dall'altra che l'euro ha impoverito, rispetto il nucleo di stati originari che hanno adottato l'euro, solo l'Italia, meglio i salari italiani.
RispondiEliminaNon solo, ho letto che tale ingresso ad un tasso di cambio non eccellente ha fatto registrare la totale assenza di controllo degli organismi creati appositamente per controllare il mercato, in sede centrale e regionali, che non hanno mai funzionato.
Risultato, le partite IVA hanno fatto i loro comodacci, traducendo i prezzi da lire mille ad euro uno, 'sic et simpliciter'.
E' corretto quello che dico?
Oggi, una inversione di tendenza, rimettendo le cose a posto, almeno nel mercato interno, mi sembrerebbe inutile se non impossibile. E' corretto?
...le partite IVA di tutta Europa hanno fatto così, non è stato solo un problema italiano...
RispondiEliminapervchè il neoliberismo non ha confini come la stupidità.
Prendo atto, io sapevo solo della situazione italiana, di quelle straniere nulla ho letto e sapevo.
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