Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi: ve l'ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico!
Immagino che all'inizio di questo pezzo pensavate che io stessi facendo ironia su quello che è stato fatto negli ultimi tempi alla scuola pubblica. Invece queste parole risalgono a 61 anni fa, pronunciate da chi aveva visto qualcosa di simile durante il fascismo e metteva in guardia, con lungimiranza, sulla possibilità che potesse capitare di nuovo.
Ho sentito queste parole sabato, riportate da Gramellini durante 'Che tempo che fa' e sono rimasto impressionato proprio da questa corrispondenza.
Qualche giorno fa si è polemizzato sulla frase del presidente del consiglio secondo la quale le scuole pubbliche hanno il difetto di insegnare principi diversi da quelli insegnati dalla famiglia di origine (e nel caso suo sarà vero, molto probabilmente, non ce lo vedo ad insegnare il rispetto della legalità, l'altruismo, il rispetto dell'altro, il senso civico in generale). Ma quelle parole (ovviamente smentite, sebbene ci siano le registrazioni audiovisive), vengono dopo le sforbiciate della Gelmini date non tanto per risparmiare (dato che in contemporanea sono stati incrementati i fondi per le scuole private), ma con uno scopo ben preciso che prima potevo solo sospettare e che ora mi pare chiaro.
Anche io ho ascoltato Gramellini mentre leggeva il discorso di Calamandrei. Impressionante!
RispondiEliminaLa scuola pubblica sta lentamente degenerando.
RispondiEliminaChi ha meno anni di me ha avuto insegnanti di manica più larga comunque, perchè il risultato è su ciò che adesso sono quegli adulti.
Poco capaci di critica, zero autocritica, insufficienza di basi di istruzione, poca conoscenza di diritto, di responsabilità, una enorme, ingenua, non sempre ma spesso, superficialità (pericolosissima) COME SE LE COSE CASCASSERO DALL'ALTO.
In effetti la tecnologia ha reso semplici attività che un tempo erano faticose (traduzioni, sintesi, quadri sinottici, ecc.) in rete si trova tutto e di più. Il problema è il di più, è l'anarchia della rete che deve essere gestita con l'intelligenza e l'esperienza.
Il 1968 italiano, come spesso succede in Italia, ha reso vani gli sforzi mirabili che stavano dietro quella contestazione, facendo emergere solo gli aspetti negativi, aspetti che sono la diminuzione della autorevolezza delle istituzioni (insegnanti compresi) e l'abbassamento o meglio l'appiattimento al basso delle persone, in nome di una falsa uguaglianza.
Lo dico OGGI CHE E' L'OTTO MARZO e, visto che sono l'unica donna del blog, ribadisco tre concetti sull'otto marzo:
1) se festeggio una cosa, significa che quella cosa o non c'è ancora o non c'è mai stata. Sennò perchè non c'è la corrispettiva giornata degli uomini (magari quelli veri, quasi introvabili)?
2) Io non voglio essere uguale a un uomo, perchè sono diversissima. Voglio UGUALI DIRITTI (e non solo doveri).
3)Vorrei sapere se i falsi festeggiamenti che ci saranno questa sera nelle varie pizzerie discoteche ristoranti, con donne sole a guardare un maschio giovane e nudo rappresentino ciò che è realmente necessario per la donna. Uguali diritti di vita e di espressione, non uguali diritti di cazzate berlusconiane. Siamo tornati al Medioevo delle donne, grazie a lui, donne che SOLO vendendo il corpo riescono nella vita. Un mercimonio istituzionalizzato.
TORNO ALLA SCUOLA, dove il corpo insegnante è composto perlopiù di donne (una volta era importante essere INSEGNANTI, da quando non lo è più...campo libero per le donne). Un corpo insegnante immiserito dalla mancanza di rispetto e di autorevolezza, obbligato per le leggi di mercato ad essere spesso di "manica larga" sennò si lamentano i genitori e spostano il baldo fanciullo verso una scuola meno impegnativa. tanto alla fine i diplomi sono diplomi, mica sono monitoraggi sulle conoscenze o capacità.
Da diversi anni, almeno 30, parlo con ragazzi usciti dalle scuole dell'obbligo o superiori.
Ne ho sentite di tutti i colori, dai madornali errori di grammatica (evitiamo di parlare di sintassi), all'ignorare che Roma sia la capitale, all'uso di un linguaggio, specchio di quello politico che da 17 anni è diventato sempre più aggressivo e sempre più vuoto di contenuti (saranno anche state paludate le trasmissioni di Ugo Zatterin, ma almeno si riusciva a cogliere un filo e non urla da assedio), un linguaggio fatto di modo indicativo e basta, e di criptiche parole rese sintetiche dall'uso del T9, come se fosse normale.
Poi il LEI è caduto in disuso.
Allora nei Paesi anglosassoni, dove il rispetto delle regole è la prima cosa che si insegna ai neonati, l'uso del YOU come un tu ovunque è dovuto al fatto che lì nessuno si sognerebbe di mancare di rispetto a chicchessia.
Farsi dare del tu in Italia spesso è dare la stura ad atteggiamenti semicomplici (in Italia siamo tutti un po' tendenti al reato, pare...) se non di prevaricazione e mancanza di rispetto.
Ho letto su SETTE una lettera inviata a Severgnini di una insegnante di Liceo di 35 anni (una adulta quindi) che non riusciva a farsi dare del LEI dalgi studenti. Non perchè non volessero, ma perchè NON NE ERANO CAPACI.
Dal non sapere che Roma è la capitale di Italia alla incapacità dell'uso della forma di cortesia LEI.
AVREMO UNA PROGENIE DI INETTI?
Questi saranno i nostri medici, infermieri, avvocati, architetti, falegnami, autisti, cuochi, giardinieri, poliziotti, giudici...
Io valuto il 68 in maniera più positiva. Magari sbaglio dato che lo conosco solo da scritti e documentari successivi, mentre tu ne hai un po' di conoscenza diretta, però io l'ho sempre mitizzato (sicuramente esagerando) ed anche tenendo conto del 'revisionismo' successivo continuo a farne un totale positivo. Sicuramente un punto importante della visione diversa che abbiamo di questo è il fatto che io distinguo con difficoltà quello che è accaduto in Italia rispetto a quello che è accaduto in altri paesi occidentali e non solo. Condivido i temi che venivano portati avanti, anche se, come spesso accade (ed ancor più in eventi spontanei), molte cose potrebbero essere (o sono) state travisate. Finito l'impeto iniziale, la spinta ideale soprattutto hanno prevalso aspetti secondari e la società che si voleva cambiare e riformare ha fagocitato, rielaborato e trasformato a volte nel suo contrario molte istanze, ma nel complesso credo che siano di più gli apporti positivi che quelli negativi.
RispondiEliminaQuelli negativi credo che siano proprio quelli che sottolinei tu il fatto di aver confuso (in alcuni casi) la contestazione dell'autorità (intesa come rispetto delle gerarchie soprattutto sociali) con la contestazione anche dell'autorevolezza (che va conquistata sul campo ed è data dalle proprie competenze reali).
Ma ci torneremo più approfonditamente...
Mah, diretta direi di no visto che facevo la seconda elementare...però ho visto i DISASTRI successivi, al Liceo all'Università...e ancora non erano quelli che vediamo adesso...
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