domenica 26 febbraio 2012

FELICITÀ vs CRESCITA




Marie Jean Antoine Nicolas Caritat era il marchese di Condorcet. Visse e morì nella seconda metà del Settecento a 51 anni, durante i quali fu matematico, economista, filosofo e politico. Illuminista e enciclopedico, risultò dalla parte dei girondini durante la Rivoluzione francese. Era contro lo schiavismo dei neri e a favore del voto femminile.
Il suo testo più famoso, che la moglie e poi la figlia fecero diffondere, è “Esquisse d'un tableau historique des progrès de l'esprit humain(Quadro storico dei progressi dello spirito umano), pubblicato l’anno successivo alla sua morte nel 1795. È il suo testamento filosofico e la sua professione di fede nell’Illuminismo e nell'illimitata perfettibilità del genere umano. Per Condorcet la ragione coincide con il trionfo della civiltà e l'asservimento delle forze della natura all'Umanità.
C’è una frase di Condorcet particolarmente illuminante (trattasi di illuminista):
Non esiste alcun termine al perfezionamento della felicità umana…la perfettibilità dell’uomo è realmente infinita…i progressi di questa perfettibilità, ormai indipendenti da ogni potere che vorrebbe bloccarne il processo evolutivo, non hanno altro limite che la durata del pianeta in cui la natura ci ha messo.
Un progresso materiale dell’Uomo a dominio della Natura, infinito fino alla fine del Pianeta. È che a quel tempo il pianeta sembrava infinito per cui non era preoccupante porre un limite e l’America con le sue immense risorse faceva da sostegno a tale scenario. Ma anche lì il limite c’era; la frontiera americana che scivolava sempre più a ovest stoppò nel 1890, quando fu ufficialmente chiusa dal US Census Bureau.
Condorcet vide la Felicità umana crescere indefinitamente con la scienza e la tecnica. Lui non conobbe il dolore delle guerre mondiali e della stupidità globale del dopoguerra. Non vide la sofferenza propagarsi come il numero degli abitanti del Pianeta.
Il benessere e la felicità degli individui sembra non correre parallelo all’aumento della ricchezza, sia delle nazioni e sia degli individui, attraverso il “libero mercato” e ultimamente pare nemmeno riuscire a stabilizzarla.
La società dei consumi e del marketing ossessivo ha fatto crescere una cosa di sicuro: le aspettative e i falsi bisogni. E meno questi bisogni sono, per dirla alla Epicuro, naturali e necessari, meno sarà possibile soddisfarli. Se bere è naturale, bere il miglior vino del Mondo non è necessario, e ancora meno naturale e necessario sarà volere più ricchezze materiali e gloria e vanto. Un desiderio che difficilmente potrà essere soddisfatto e ciò provocherà infelicità.
L’esposizione al bisogno innaturale e non necessario ci rende più preda della infelicità.
Se i beni materiali si riducono, perché diventiamo poveri, disoccupati o vecchi, o malati, ecco che depressione e suicidi cominciano a crescere in parallelo. I dati che parlano di questo sono dappertutto, e poi ci sono studi sociologici, filosofici, sinanco artistici a conferma di ciò.
Il mondo ideale di Condorcet, quello che coincide con la felicità, sembra irraggiungibile.
Non potendo misurare la felicità (che è dentro la Costituzione Americana del 1776 e dove divenne un diritto di tutti) statisti ed economisti hanno misurato solo i beni materiali. Il Pil è dunque una misura non è improntata alla Felicità. Lui cresce ma la felicità sta da un’altra parte. È l’economia che è stata denominata “scienza triste” (dismal science) dallo scrittore inglese T. Carlyle.
Un senso di maggiore ansia mi sta prendendo ultimamente per diversi motivi.
L'uso indiscriminato del suolo per costruire innumerevoli e microscopiche casette di Paperino o inutili ed enormi strade e superstrade e autostrade e corridoi.
Le casette di Paperino si diffondono senza pianificazione, a sprawl, consumando suolo agricolo, mentre moltissime case rimangono vuote, a decadere anche nei centri urbani.
Troppe inutili auto private corrono dappertutto come impazzite, soprattutto da un centro commerciale all'altro, basi fondative delle necessità di nuove strade e autostrade ecc.
Non si saluta più, non si guarda più in faccia nessuno, tutti a digrignare i denti perchè il reddito non cresce abbastanza come quello del vicino.
E per finire sempre più spesso vedo gli “invisibili” ovvero i "poveri poveri" che sono anche tra i ricchi del pianeta. Forse sono diventata più attenta o forse loro sono aumentati di numero. Anziani che passano il pomeriggio a controllare tutti i prezzi per comprare due foglie di lattuga e un hamburger. Pantaloni lisi e scarpe consumate. Coppie di “giovani sessantenni” con vestiti da Caritas, che dopo aver visitato tutto il supermercato comprano due hamburger, mezzo litro di latte e un panino. Decorosi e dignitosi, non chiedono nulla, ma adesso si vedono sempre di più.
In un momento di risorse sempre più scarse, le risorse naturali da cui nasce sia la ricchezza degli individui come quella delle Nazioni, serve cambiare modo di misurare ricchezze e felicità.
Serve prendere atto che i limiti del Pianeta sono stati raggiunti, per il petrolio, ma anche per l’acqua e il suolo e l’aria. L’inquinamento non è più assorbito dall’acqua, l’aria non ne può più di gas serra e il suolo non può essere sventrato e impermeabilizzato come se potesse rigenerarsi con facilità.
Quando sono nata eravamo solo 3,5 miliardi, adesso siamo più del doppio (in meno di 50 anni), la maggior parte di questi esseri umani non infelici per troppi beni materiali, ma piuttosto per mancanza dei diritti primari all’esistenza decorosa. Eppure tutti parlano della crescita indefinita come unico modo di risolvere i problemi di tutti. Anche chi è stato fortunato ed è nato nei luoghi più ricchi della Terra non è felice, figuriamoci chi non ha diritto a nulla. Chi nasce ha diritto a vivere al meglio e non può fare da costituente le gallette verdi di Soylent Green.
La crisi che stiamo vivendo potrebbe essere l’occasione per ripensare i rapporti tra noi umani e i rapporti di noi umani con il Pianeta. Oppure la fine, l’estinzione di una razza poco saggia è assolutamente prevedibile.

lunedì 20 febbraio 2012

TASSATI DAI CORROTTI



Il titolo non è mio, ma di Raitrenews.

Il titolo è scaturito dal Rapporto redatto per l'anno 2011 dall'organizzazione non governativa Transparency International sulla percezione della corruzione nel settore pubblico nei vari Paesi del mondo. Lo studio ha preso in considerazione 182 paesi.

Il primo paese in classifica, ovvero il meno corrotto, è risultata la Nuova Zelanda, davanti a Danimarca e Finlandia. Agli ultimi posti della classifica troviamo invece Somalia e Corea del Nord. L'Italia è risultata 69esima in graduatoria, la Grecia 80esima.

Secondo Transparency International le difficoltà economiche che attraversa l'Eurozona sono legate all'incapacità dei poteri pubblici di combattere la corruzione e l'evasione fiscale. Per cui Grecia e Italia risultano particolarmente sofferenti.

Nel video è detto un principio chiave: visto che adesso in Italia vige il pareggio di bilancio, se la variabile dell’entrata legata alle tasse diminuisce a causa di mancati introiti (il cui recupero costa moltissimo a tutti i cittadini italiani e mi piacerebbe sapere quanto incide), giocoforza le tasse aumenteranno su chi le paga già, determinando recessione e infelicità. Se il famoso PIL non cresce e se le entrate tributarie si riducono a causa dell’evasione e della corruzione devono aumentare i prelievi, perché i conti tornino.

Non è più possibile “crescere” a debito perché l’Italia non ha più la sovranità monetaria e inoltre è un Paese in recessione. Il Giappone, dove la corruzione non è un problema come per l’Italia (sono quattordicesimi), ha un rapporto debito - PIL stratosferico, vicino al 160%, ma ha anche un export stratosferico. E ha anche il suo yen. Infine va osservato che il 95% del totale dei titoli governativi nipponici risulta al momento detenuto da investitori giapponesi (rapporto ICE primo semestre 2010). Insomma sembra una situazione ben diversa da paesi poco “raccomandabili” quali Italia e Grecia.

In una modalità B.A.U. – che è quella prevalente – nessun investitore porta i suoi danari in un Paese che percepisce come “corrotto”; l’Italia in venti anni è passata dal 33esimo posto al 69esimo. La Corte dei Conti individua nella corruzione la principale patologia italiana, così emerge dal discorso tenuto dal procuratore generale della magistratura contabile Mario Ristuccia nella sua relazione in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario 2011.

I diritti dei cittadini, in una società corrotta, non sono solo calpestati, ma venduti come favori, e in un clima di arrendevolezza e di lassismo (come quello italiano e greco) gli arbitrii e il favoritismo imperano, risucchiando le risorse pubbliche, che non possono più, nell’Eurozona, affidarsi alla macchina del debito.

Economia ed ecologia sono legate in modo inafferrabile per molti, e per i governi la logica di come funziona il Pianeta non è ancora chiara. Siamo tutti collegati su un Unico Pianeta e quindi non esiste o tra breve non esisterà che ci possano essere economie in “crescita” su altre in depressione, perché le risorse naturali stanno diminuendo per tutti e per tutti stanno aumentando i costi energetici e i costi per prevenire e ripulire dai danni dell’inquinamento.

L’economia globale sta rallentando e non poteva essere che così, e quindi, a breve, nessun Paese potrà schizzare in alto il suo PIL, ma vedrà schizzare solo i suoi problemi sociali ed economici.

Chi ha evaso e corrotto ha “sprecato” le risorse pubbliche e queste sono le risorse di tutti che dipendono indissolubilmente dalle risorse naturali che stanno decadendo ed esaurendosi.

Un altro sintomo del collasso intanto europeo è la rinuncia del Belgio a tre mesi dall’inizio a maggio ad essere la sede dei campionati europei di nuoto e ciò a causa di problemi economici.

Ecco perché consiglio anche di vedere questo video del 2009 dove Dennis Meadows, uno degli autori di “Limits to the Growth”, inappropriatamente tradotto in Italia “I limiti dello sviluppo” (più corretto sarebbe stato “I limiti della crescita) parla della necessità di “svilupparsi” senza più consumare risorse fisiche. Una crescita immateriale che deve sostituire quella materiale, che invece è la stata la base della razzia legata all’evasione e alla corruzione. Al cambio di paradigma non può sfuggire la mentalità degli esseri umani, sennò sarà impossibile transitare verso nessun luogo. Riflettere su questi aspetti potrebbe ridurre di molto l’idea che siamo circondati da biechi complottisti, ma piuttosto da ladri e furfanti.


Il video è stato tradotto da Maxrupo che ringrazio per la gentilezza estrema di cui è estremamente dotato.

venerdì 10 febbraio 2012

IL SOGNO EUROPEO INFRANTO



Nel comporre questo post ho avuto
la gentilissima collaborazione
del dr.
Toufic El Asmar
vice presidente ASPO Italia.


I sogni collettivi più rilevanti dell’Occidente sprecone, razzista e autoreferenziale sono quello “americano” e quello “europeo”.


E’ necessario vederli appaiati per distinguerli e capire se il fallimento di uno (sogno americano) non abbia inficiato ed eroso la possibilità dell’altro (sogno europeo) di realizzarsi.

Il sogno americano è quello dei Padri Pellegrini sbarcati a Plymouth Rock nel 1620, felici di essere sfuggiti all’oppressione religiosa in Europa. Il loro capo spirituale, John Winthrop, mettendo piede nel “Nuovo Mondo” autoproclamò quel risibile numero di persone “il popolo eletto”. Erano lì per sottomettere la Natura con la forza del loro credo religioso. Ancora adesso il credo religioso è interconnesso alle vicende politiche, gli U.S.A. mettono Dio sulle monete (In God We Trust) e fondano campagne elettorali sul senso religioso: alcuni di loro sono creazionisti, per questi la Terra ha 12.000 anni come la somma di tutti quelli che sono citati nella Bibbia. Ai Padri Pellegrini della salvezza dell’anima si aggiunse, nell’era industriale, con Benjamin Franklin, la potente fiducia nei propri mezzi, per emanciparsi e diventare ricchi e di successo, unica modalità questa per raggiungere la Felicità che gli U.S.A. hanno nella loro Carta dei Diritti.

Fede e Perseveranza sono dunque le caratteristiche del primo sogno americano che passato al secondo stadio è miseramente fallito nel turbocapitalismo del “tutto e subito”. L’etica del lavoro frankliniana si ritrova in una nazione immersa nella cultura consumistica della gratificazione immediata, senza sforzi e senza merito. La pubblicità convince che si può essere felici solo se si ottengono una infinità di beni materiali, anche facendo debiti e magari facendo soldi con il gioco d’azzardo e i reality show. Il debito è non solo finanziario, ma anche di cultura e di etica.

Noi europei abbiamo voluto imitare il “sogno americano”. Film, musica, moda. E poco importava se, intrecciati nel sogno americano, c’erano il razzismo e la povertà, figli dell’eccesso di individualismo liberista che domina la società americana. Solo il mercato può regolare i rapporti tra i cittadini, nessuna idea di moderazione da parte dello Stato, ma è proprio questo che ha determinato il declino un Paese pieno di risorse naturali, di spazio e per di più con una lingua comune.

L’Unificazione Europea è il sogno europeo.

Un sogno basato su principi diversi da quelli americani, perseguiti con metodi ancora più diversi. L’Europa non ha una lingua comune, anche se comuni sono le radici delle lingue europee, è composta da Stati di diversa dimensione, diverso livello di ricchezza ed equilibri sociali e diverse organizzazioni politiche. Ma il patrimonio spirituale e morale europeo di cui parla la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea fa si che i due sogni siano quasi opposti.

Tanto il sogno americano è individualista e spinto, dalla presunta onnipotenza del singolo, alla conquista illimitata e al successo personale, tanto il sogno europeo punta alla coesione, all’inclusione, allo sviluppo sostenibile, facendo entrare il principio dell’uso della risorsa Ambiente in modo equilibrato anche nella carta dei Diritti.

La Carta dei Diritti Fondamentali comprende un preambolo introduttivo, dove precisa che si rende necessario rafforzare la tutela dei diritti fondamentali rendendoli scritti in una Carta, a cui seguono cinquantaquattro articoli, suddivisi in sette titoli come segue:
• Titolo I: dignità (dignità umana, diritto alla vita, diritto all'integrità della persona, proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, proibizione della schiavitù e del lavoro forzato);
• Titolo II: libertà (diritto alla libertà e alla sicurezza, rispetto della vita privata e della vita familiare, protezione dei dati di carattere personale, diritto di sposarsi e di costituire una famiglia, libertà di pensiero, di coscienza e di religione, libertà di espressione e d’informazione, libertà di riunione e di associazione, libertà delle arti e delle scienze, diritto all'istruzione, libertà professionale e diritto di lavorare, libertà d'impresa, diritto di proprietà, diritto di asilo, protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione);
• Titolo III: uguaglianza (uguaglianza davanti alla legge, non discriminazione, diversità culturale, religiose e linguistica, parità tra uomini e donne, diritti del bambino, diritti degli anziani, inserimento dei disabili);
• Titolo IV: solidarietà (diritto dei lavoratori all'informazione e alla consultazione nell'ambito dell'impresa, diritto di negoziazione e di azioni collettive, diritto di accesso ai servizi di collocamento, tutela in caso di licenziamento ingiustificato, condizioni di lavoro giuste ed eque, divieto del lavoro minorile e protezione dei giovani sul luogo di lavoro, vita familiare e vita professionale, sicurezza sociale e assistenza sociale, protezione della salute, accesso ai servizi d’interesse economico generale, tutela dell'ambiente, protezione dei consumatori);
• Titolo V: cittadinanza (diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali, diritto ad una buona amministrazione, diritto d'accesso ai documenti, Mediatore europeo, diritto di petizione, libertà di circolazione e di soggiorno, tutela diplomatica e consolare);
• Titolo VI: giustizia (diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, presunzione di innocenza e diritti della difesa, principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene, diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato);
• Titolo VII: disposizioni generali che riguardano le modalità di interpretazione e di applicazione della carta medesima.
L’attuale Carta dei Diritti Fondamentali dell’unione Europea è entrata in vigore con la ratifica del Trattato di Lisbona (Legge 2 agosto 2008, n. 130 pubblicata in G.U. 8 agosto 2008). Anche il Trattato di Lisbona riporta i Diritti Fondamentali scritti nella Carta. L’articolo 1 bis recita:
L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.
Diritti universali, laici e completamente condivisibili.
All’articolo 2 un altro esemplare elenco di principi:
L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico.

Dunque cooperazione, collettività delle azioni sociali e con valori economici basati sulla qualità dell’ambiente e della vita dei singoli. Il tutto parrebbe proiettato verso una società con economia stazionaria e senza ambizioni di potere sul globo come fuoriesce dalle parole e dalle intenzioni degli U.S.A. Non un corpo unico ma un insieme di corpi da mettere a sistema, da organizzare a rete, per il benessere complessivo del Pianeta.

Ma il sogno europeo sta deludendo innanzitutto i suoi cittadini e si infrangendo sugli stessi scogli che hanno determinato l’arenarsi del sogno americano: i danni provocati dall’azione sfrenata del mercato economico e finanziario.

Il liberismo e il neoliberismo hanno pervaso anche le politiche europee, seppure con modalità diverse. In Europa il concetto socialdemocratico dell’equilibrio statale sulle forze del mercato ha sicuramente impattato sulla possibilità di manovra delle succitate forze, che tuttavia sono riuscite ugualmente a contagiare i meccanismi dei bilanci dei singoli Stati europei. Le agenzie di Rating (tutte americane) hanno giocato e stanno giocando con i bilanci degli stati europei attaccando innanzitutto i PIIGS.

Un momento duro, dove l’Europa avrebbe dovuto agire come un sol corpo, e invece ha mostrato l’aspetto aggressivo ed egoista dei suoi membri più ricchi e potenti, quali Francia e soprattutto Germania, già accusati da tempo dagli altri membri di costruire Protocolli e Trattati a loro esclusivo beneficio e consumo e poi di non seguirli se necessario (il limite del 3% del PIL per il deficit dei conti pubblici). Mostra particolare egoismo la Germania, troppo grossa per stare in Europa e troppo piccola per uscirne. Non accetta di dover pagare il debito degli altri paesi europei sconsiderati, un debito a cui a contribuito la Germania stessa con una feroce azione di esportazione, una Germania che impone rientri di bilancio pubblici rigidi e recessivi, e siccome non potrà vendere nulla in una Europa immiserita dalla sua stessa politica economica, ecco che si deve rivolgersi ai BRICS, come la Cina o il Sudamerica.

B.A.U. tedesco, e recessione europea stanno portando la Grecia sull’orlo della disperazione. La Grecia ha sicuramente colpe (bilanci non chiari, falsificazioni, evasione fiscale, poco rispetto di regole e leggi), come le hanno tutti i PIIGS, Italia compresa.

Ma la mancata coesione e difesa della dimensione umana da parte dell’Unione europea in un momento di crisi come questo è segno palese che il SOGNO EUROPEO SI E’ INFRANTO.
In Grecia, i diritti fondamentali così ben espressi e specificati nella Carta dei Diritti Fondamentali e ribaditi nei primi articoli del lunghissimo Trattato di Lisbona, che ribadisce il nostro essere una unica comunità con uguali diritti e doveri e obbligo di reciproco aiuto tra Stati, ebbene quei diritti sono attualmente calpestati in nome del dio mercato. In nome del B.A.U. che penetra nel concetto di sviluppo sostenibile perché questo concetto, dice Latouche, è un ossimoro. Nessun SVILUPPO potrà mai essere sostenibile. Poca differenza con il sogno americano che, precedente per migliore fortuna a quello europeo, non parla mai di sostenibilità mentre quello europeo infarcisce di questo principio tutti i suoi documenti ma con il fine di aumentare concorrenza e competitività delle imprese e del mercato (seppure interno).
La Patria dell’Europa, l’origine della cultura occidentale, è in pieno collasso economico e finanziario, e i suoi cittadini stanno morendo di inedia e di disperazione.

Gli altri cittadini europei, e non solo europei dovrebbero guardare con timore al precipizio greco, perché la terapia d’urto fornita alla Grecia dalla BCE e dal FMI era sbagliata, irreale, inefficace e come si può notare dal risultato, anche controproducente (un debito greco passato dall’iniziale “turpe” 120% all’attuale “folle” 160% in pochissimo tempo e adesso deve tornare al “turpe” 120%). E sono le stesse misure di Monti e di tutti i paesi europei che ancora pensano alla “crescita” come soluzione di tutti i mali.

L’unica cosa che cresce è la disperazione e la paura, e il passo successivo è spesso una rivolta, o una guerra.

Ma intanto facciamo finta che vada tutto bene, anzi perché non ascoltare presso i nostri media le voci affabulatrici e affascinanti dei “grandi economisti filo americani” che sentenziano “fa bene il governo greco a licenziare i dipendenti pubblici”, oppure “si alla riduzione dello stipendio, all’aumento di ore da lavorare gratis”, come se niente fosse.

Greci cattivi e spreconi, dovete pagare pegno. Nulla a che fare con la coesione sociale e il diritto alla dignità umana della Carta dei Diritti Fondamentali d’Europa.

La Grecia non fa più parte dell’Europa e il sogno europeo si è infranto.

Il sogno Europeo si è infranto dal momento che i vari Paesi che formano i cosiddetti PIGS sono stati accettati a fare parte del Club chiamato Unione Economica Europea, il club dell’Euro, senza averne i requisiti minimi per farne parte. I conti Greci erano stati truccati e nascosti sia alla popolazione Greca che a quella Europea, eppure molti conoscevano la realtà. Ma non solo la cosi virtuosa Germania ad un certo punto si dimenticò di rispettare i parametri di Maastrich.
Certo ci hanno preso per troppo tempo, offrendoci il benessere assoluto “chiedi e ti sarà dato”. Qualcuno si è accorto della novità che circola in TV da qualche mese? Quella che vi farà guadagnare (rovinare) chissà quanti soldi, avete indovinato? Il Poker in TV .
Intanto nella Unione Europea il numero dei disoccupati, senza tetto, poveri, malnutriti è in continua accesa, in alcune scuole elementari di Atene molti bimbi svenivano perché non mangiavano da giorni, padri di famiglia che si suicidano, mamme che si prostituiscono; la delinquenza spicciola (per intendersi scippi e furti in casa) è in crescita esponenziale. Una miscela esplosiva.

Alexander Hamilton nato a Nevis, l’11 gennaio tra il 1755 e 1757 morto il 12 luglio 1804 è stato un politico, militare ed economista statunitense. Ritenuto uno dei Padri fondatori degli Stati Uniti, fu il primo Segretario al Tesoro della nuova nazione americana. Da lui esce la battuta fortemente non Cristiana “Inequality in condition is a necessary consequence of liberty” ossia la condizione di disuguaglianza è la conseguenza necessaria della libertà. Ossia vuoi essere libero, allora sfrutta gli altri oppure rimani povero. Qualcun’altro cita “Those who love God and their country don’t need a government public sector. They need and unrestricted private sector” coloro che amano Dio e la Patria non hanno bisogno di un settore pubblico governativo. Hanno bisogno di un settore privato illimitatamente libero.

DANIELA

lunedì 6 febbraio 2012

SIAMO IN INVERNO?




Domanda retorica, vista la data odierna, ma per i giornalisti/allarmisti/manipolatori di sicuro no.
Freddo siberiano e gelo polare sono le espressioni più utilizzate per catturare l'interesse superficiale di molti cittadini italiani che si trovano ad affrontare l'inverno.
Una stagione dimenticata, anche negli armadi. A dicembre il cappotto faceva caldo, a febbraio fa effettivamente più freddo.
Qui, nel paese degli "schettino" abbiamo ancora avuto l'imbarazzante record di figuracce, incapacità gestionali e risse da bar da parte dei "nostri" decisori politici e dei loro coesi direttori/dirigenti.
Eppure, se anche io avevo udito "dalla televisione" (fonte di dubbio valore, anche se le previsioni meteo, se fornite con correttezza divulgativa, sono l'unica cosa di fonte scientifica della televisione medesima) che stava arrivando una ondata di freddo, perché adesso l'Emilia e il Centro Italia con Roma si trovano in panne?
In inverno la natura va in letargo, per qualche giorno di neve (Roma 10 cm!!!) non si può fare della slow life?
Oppure la frenesia imposta dalla nostra “intelligenza e creatività” è INDISPENSABILE?
Siamo nel 2012, non nel 1956 (quando a Roma ci fu una bella nevicata e tutti si trovarono al freddo e gelo perché IMPREPARATI termicamente, sia gli umani e sia le case).
Anche se occorre ricordare che il 2012 è lo stesso anno di Schettino, dove la tecnologia accoppiata alla superficialità provoca disastri.
Una parentesi gelata (e decisamente straordinaria) come questa, pare stia facendo dimenticare a tutti l'autunno rovente e l'inverno inesistente che abbiamo avuto fino a pochi giorni fa.
Quindi occore ricordare a cosa REALMENTE stiamo andando incontro.
Il Global Warming crea e creerà sempre maggiore instabilità. O comunque varianza climatica.
Su “ScienceDaily” del primo febbraio 2012 è scritto che la probabilità di inverni freddi, con molta neve, in Europa centrale, aumenta quando l'Artico vede una diminuzione della copertura di ghiaccio estivo poiché questo cambia le zone di pressione dell'aria nell'atmosfera artica e impatta con il nostro clima invernale europeo. Tale scioglimento del ghiaccio artico estivo ha due effetti: il ghiaccio si ritira e rivela la superficie scura del mare che si scalda maggiormentee a questo si aggiunge che il caldo immagazzinato sotto il mare fuoriesce in atmosfera. Il risultato del riscaldamento dell’aria vicino al suolo porta ad una atmosfera meno stabile. Queste mutate condizioni nell'Artico influenzano la circolazione e la pressione tipica dell'aria e, insieme ad altri fattori, portano alla penetrazione del freddo fino alle medie latitudini europee.
Insomma il surriscaldamento delle zone polari (effetto del riscaldamento globale) porta a forti instabilità climatiche, tra cui anche un inverno come questo, dopo un periodo di clima mite (per nulla invernale).
Così volevo ricordarlo giusto perché qualche idiota (a cui nemmeno vale la pena di sforzarsi di chiamarlo negazionista) non diffonda l’idea che sia tornata l’Era Glaciale e che il clima non si stia arroventando.

giovedì 2 febbraio 2012

LETTA & MONTI & I DINOSAURI



"Cacciate il naturale, tornerà al galoppo."
Philippe Néricault Destouches (1680-1754) - commediografo francese
Nella puntata di Ballarò del 31 gennaio 2012, Latouche parla di Decrescita e Letta, che ascolta, alla fine commenta:
“Con la decrescita saremo tutti più poveri, occorre far ripartire la crescita”.
Una specie di plauso a Monti che prosegua con la sua schiacciasassi governativa.
In effetti, dal punto di vista di Enrico Letta, esiste una coerenza. Se l’obiettivo è la crescita, ciò che non è crescita è…decrescita. E Fitoussi, anche lui da Ballarò, aveva appena detto che, di fatto, l'Europa è proprio nella decrescita iniqua e malforme, quella del taglio alla spesa pubblica e dell'aumento del prelievo fiscale (cioè è una recessione). Tuttavia la CRESCITA pare essere l'unica soluzione, senza nemmeno la parolina SOSTENIBILE vicino, nonostante la sostenibilità sia uno dei mega obiettivi dell'unione Europea.
Si sicuro la decrescita di Letta non è la Decrescita Serena di Latouche o la Decrescita Felice di Pallante.
Tuttavia Letta e tutti quelli che la pensano come lui (dinosauri in via di estinzione) nulla potranno fare contro la
DECRESCITA OBBLIGATA.
Quella termodinamica, quella che “non la ferma proprio nessuno”.
A COSA HA PORTATO LA CRESCITA?
Con la rivoluzione industriale c’è stata la crescita di tutto perché la crescita era l’obiettivo. Un esempio è quello delle navi da crociera visto che la Costa Concordia è ancora nei nostri occhi, enorme e disgustosa, a banalizzare lo splendido paesaggio del Giglio. L'aumento delle dimensioni e la speciazione di individui, con caratteristiche morfologiche “abnormi” ed iper-specializzati, ha portato alla estinzione dei teropodi.
Quindi la decrescita sarà innanzitutto imparare ad evitare il gigantismo che alberga nelle teste di Letta e di Monti, dinosauri ancora con il mito della grande produzione industriale. La realtà ci verrà incontro, ed a quel punto si capirà che la crescita (o la decrescita) non sono scelte politiche che si possono ottenere per decreto.
Latouche non propugna l’aumento delle disuguaglianze temuto da Letta ma punta a ridurle. La decrescita, quella temuta da Letta, è quella della riduzione della produzione, degli scambi commerciali, delle ore di lavoro necessarie, delle merci che la gente può comprare e consumare, insomma la riduzione di tutte quelle variabili che fanno aumentare il PIL. Non è una scelta politica, tutt’altro, è un dato di fatto già presente da un po’ di tempo.
La decrescita intesa da Latouche è una nuova visione del mondo e anche una proposta politica ma basata su paradigmi del tutto differenti da quelli del neoliberismo.
L’attuale crisi è appunto una recessione, causata da una gestione criminale del potere, una gestione del potere finanziario caratterizzato dalla summenzionata ideologia neoliberista.
La "decrescita obbligata" ha bisogno di tutti gli apporti e le analisi possibili, quelli di Latouche e di Pallante, da integrare ad altri come i principi proposti del “padre” della decrescita, Ivan Illich, così come l’ha definito diverse volte proprio Latouche, il quale in un articolo intitolato “La buona notizia di Ivan Illich”, reperito nel sito filosofiatv.org, scrive:
“Ma se l’insostenibilità della crescita e dello sviluppo sono una buona notizia è soprattutto perché crescita e sviluppo non sono auspicabili e non lo sono per almeno tre ragioni:
1) generano una crescita delle disuguaglianze e delle ingiustizie mai vista;
2) creano un benessere largamente illusorio;
3) non generano, anche per i ricchi stessi, una società conviviale, ma un’anti-società ammalata della sua ricchezza (con stress, malattie di ogni sorta: insonnia, obesità, ecc, e infine la solitudine e il suicidio)”.
Queste considerazioni, abbastanza note e diffuse (perlomeno molte persone lo stanno imparando sulla propria pelle), non hanno impedito a Monti di emanare il suo Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1 – “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, con un articolo uno da brivido.
In quell’articolo uno della legge c’è tutto il vano tentativo (vano per la termodinamica) di bloccare l’inevitabile, perché l’aumento dei consumi sarà impossibile; dato che il Mondo è finito e invece la popolazione umana cresce esponenzialmente, e dato che noi sfruttiamo le risorse finite della Terra per creare prodotti da consumare, è palesemente matematico che non potendo crescere due variabili insieme, una delle due diminuirà (o noi o ciò che consumiamo).
A ridurre i consumi, ormai, ci obbligherà
la Prima Legge (oppure la Storia)
Consiglio a tutti questa lettura del prof. Ugo Bardi, riguarda Galla Placidia, l'ultima e unica imperatrice romana d'Occidente che ebbe la rara opportunità di poter fare qualcosa che i precedenti imperatori romani non hanno mai saputo fare: portare l’Impero alla sua fase finale, che doveva essere, inevitabilmente, la sua scomparsa.