giovedì 21 aprile 2011

La parola plasma le coscienze

“Sulla lingua del tempo presente” di Gustavo Zagrebelsky - La mia recensione

Indagare la dialettica propria di un dato periodo storico, ci rivela questo libriccino di poco più di cinquanta pagine, è tutt’altro che un esercizio inutile. Devo dire, da parte mia, che, soprattutto negli ultimi anni, avevo notato un ripetersi delle formule, dei modi di dire, financo delle singole parole, nella bocca di cotanta classe politica. Ma, non fosse che per il significato vero che la parola ha, non ci sarebbero obiezioni. Proprio qui entra in ballo l’analisi di Zagrebelsky, che svela, con parole comprensibili a tutti, il cambiamento dei significati, spesso uguali e contrari, attribuiti a ciò che viene detto; e lo fa in maniera esemplare, mettendo su carta concetti di difficile spiegazione, che diventano, qui, chiari, apparendo nella loro drammatica realtà: quella di un potentato che cerca, attraverso il linguaggio, di far pensare al popolo quello che fa più comodo a chi sta al potere, ricacciandoci così verso un ventennio mai pienamente compreso nel suo fallimento costato sempre troppo in termini umani, soprattutto, ma anche, e non meno importante, in termini politici.

Il parallelo che Zagrebelsky fa con il linguaggio usato dalla propaganda nazista, centra pienamente il problema. Egli cita Viktor Klemperer, dal suo saggio sulla lingua del nazismo “La lingua del Terzo Reich”, dove Klemperer chiama quel linguaggio LTI (Lingua Tertii Imperii, che sarebbe lingua del terzo impero, reich in tetedsco), e lo traduce in LNAe (Lingua Nostrae Aetatis, la lingua del nostro tempo), meno tragico, ma non meno significativo, e drammatico, nel tentativo coercitivo di una classe dirigente di imporre, attraverso il linguaggio, un’omologazione del pensiero e del sentire comune, una vera espropriazione dei significati delle parole, con la relativa generazione di contrasti violenti che esulano totalmente dal normale conflitto che ci deve essere in una Democrazia, ma che non dovrebbe mai avere connotati tali da determinare fratture insanabili tra la gente, la quale si trova ad essere o dalla parte dell’odio o da quella dell’amore (LNAe). A volte basterebbe soffermarsi sui toni con i quali, certi proclami, vengono enunciati. Molto significativo il capitolo sui “doni”, strumento inequivocabile per far cadere in una situazione di sudditanza qualsiasi soggetto, tanto più se ignorante, ma, ancor più esemplare, se ricattabile.
G. Zagrebelsky
Tutti gli esempi di questo libro sono volti a far comprendere quanto subdola ed affilata sia l’arma del linguaggio, e quanto sia semplice metterla in atto nei confronti di una popolazione impreparata; ancor più grave si prefigura il quadro storico se si pensa, forti dei fatti che ci vedono protagonisti in esso, a come si stia operando per affossare tutte le armi principali atte a difendersi che una persona può maturare nel corso della propria vita, a partire dall’istruzione e dall’informazione, ma arrivando a mortificare i beni culturali e la cultura in genere, attraverso l’affermazione forzata di falsi modelli culturali e individuali, mortificando lo status sociale, ben sapendo che menti poco reattive sono molto più facilmente plasmabili.
Grazie a Gustavo Zagrebelsky, per questo vademecum sulla lingua del tempo presente.

2 commenti:

  1. Non ho letto quel libro (ma la tua bella recensione mi spinge a farlo), però devo dire che effettivamente mi pare un modo molto utilizzato per stravolgere la realtà. Direi che può rientrare nel punto 6 del decalogo delle strategie per fotterci, nei casi frequenti in cui vengono utilizzate parole ed espressioni molto cariche emotivamente, apparentemente per esemplificare concetti in realtà per bypassare il controllo critico. Un'esempio di questo è quello che dicevo a proposito di Amore ed Odio, della contrapposizione che era stata fatta passare come se una parte politica effettivamente rappresentasse l'amore e l'altra l'odio, quando semmai potrebbe essere il contrario. Sottolineavo come in questa maniera riusciva a rinforzare il senso di appartenenza alla sua parte politica e contemporaneamente connotava negativamente l'altra, senza che fosse necessario spiegare o dimostrare niente.
    Nelle trasmissioni televisive in cui si vomitano addosso insulti, osserviamo continuamente altri stravolgimenti di questo tipo, in cui le parole sono utilizzate impropriamente, lasciando che finiscano per significare altro e dando per acquisito ed accettato il nuovo significato, in maniera da far veicolare al significato originale delle parole, quello che si vuole far passare in maniera nascosta.
    Uno degli esempi più eclatanti mi pare quello di utilizzare il temine comunisti in maniera negativa, sfruttando l'accezione negativa che ha assunto per la maggior parte delle persone grazie all'associazione con lo stalinismo e con regimi totalitari vari, accentuando e rinforzando ulteriormente questa accezione negativa, dandola per scontata, categorica, indiscutibile ed attribuendola anche e soprattutto a chi ha ben poco di comunista. In questa maniera si rende sempre più inutilizzabile quel termine (chi lo userà dovrà accettare di portarsi dietro tutta quella negatività che ormai il termine ha accumulato) e contemporaneamente marchia con tutto questo bagaglio i suoi avversari, risveglia paure che sono state fatte passare nei decenni scorsi ed ormai sono acquisite, sfrutta tutta la propaganda precedente basata su questa contrapposizione, sfruttando dunque anche il lavoro sporco fatto già da altri.

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  2. Ci sono varie altri locuzioni e frasi, che vengono usate ad arte per indurre ad un falso significato. Il guaio è che questo linguaggio, finiamo non solo per usarlo per pensare, ma diventa egli stesso il nostro pensiero, cioè la lingua pensa per noi: questo è il problema dei linguaggi usati dalle élite. Vi cade il popolino che non dispone dei mezzi necessari per discriminare; aggravato dal fatto che questo modo di usare la lingua si è esteso anche alla controparte politica, anche se con qualche connotato diverso, ma che forse lo aggrava: la subalternità.

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Sono graditi i commenti educati, anche ironici e che aggiungono informazioni.