giovedì 19 luglio 2012

ORO BLU



La pressione antropica sul Pianeta continua a crescere e tutti gli umani devono bere e mangiare (oltre che a respirare).

Già detto che c'è chi mangia troppo (e spende ulteriore energia per dimagrire, o per curarsi dalle malattie dovute all'eccesso) e chi troppo poco. Ma tutti devono mangiare.

L'acqua, oro blu, è fondamentale per l'agricoltura e l'agricoltura è una pressione fortissima sull'Ambiente.
Campi di mais intensivi che hanno distrutto il paesaggio antico della pianura padana (per nulla monotono), per cibare povere bestie, perlopiù bovini, da cui avere carne che mangiata troppo, porta a gotta e altro (cancro).

Noi antropi siamo nati come mangiatori di carne, ma correvamo alla pari con gli animali per ucciderli e cibarsene. Crudi tra l'altro, come crudo era tutto ciò che si mangiava prima della scoperta della cottura degli alimenti. Una eccellente scoperta perchè con la cottura il cibo fornisce moltissima energia in più.
Dovremmo puntare sulla riduzione della carne come alimento e già arriveremmo a minori pressioni dell'agricoltura (e anche a una dieta più sana).

Ad ogni modo l'agricoltura è necessaria e per gestire tale settore in modo efficiente serve tanto, ma tanto fossile, per la produzione, per il trasporto, per la trasformazione, per la chiusura del ciclo dei rifiuti.  Forse dovremmo risparmiare petrolio & C. per mangiare.

Cito da ACQUA PER L'AGRICOLTURA della EEA (Agenzia Europea per l'Ambiente):

Abbiamo bisogno di cibo e abbiamo bisogno di acqua dolce e pulita, l'oro blu, per produrre il nostro cibo. Con la crescente domanda da parte delle attività umane da un lato, e il cambiamento climatico dall'altro, molte regioni, soprattutto nel sud Europa (l'Italia anche dunque), lottano per trovare acqua dolce a sufficienza per soddisfare le loro esigenze. 

Come possiamo continuare a produrre cibo senza lasciare che la Natura si inaridisca? 
Un uso più efficiente dell'acqua in agricoltura sarebbe certamente di aiuto.

Un terzo del consumo di acqua in Europa va al settore agricolo. L'agricoltura incide sia sulla quantità che sulla qualità dell'acqua disponibile per altri usi. In alcune parti d'Europa, l'inquinamento da pesticidi e da fertilizzanti utilizzati in agricoltura è una delle principali cause della cattiva qualità dell'acqua.Aggiungiamo a questa impellente necessità anche il fatto che le industrie, gli stili di vita e le esigenze personali delle popolazioni in crescita sono in competizione con la natura per l'utilizzo di acqua pulita.
Il cambiamento climatico aggiunge un ulteriore elemento di incertezza nella disponibilità di risorse idriche. Secondo stime sulla evoluzione delle precipitazioni, alcune parti d'Europa avranno maggiore acqua dolce disponibile in futuro rispetto ad altre parti.
In caso di scarsità d'acqua, l'industria e le famiglie possono e dovranno sempre più usare meno acqua, ma gli ecosistemi dipendenti dalle acque rischiano di essere irreversibilmente danneggiati. E ciò inciderebbe molto di più sulla vita in generale, anche sulla nostra, non solo rispetto a un particolare corpo idrico.
Quindi è necessaria una irrigazione efficiente, sia come trasporto e sia di efficienza sul campo.

Nei paesi dell'Europa meridionale come Grecia, Italia, Portogallo, Cipro, Spagna e Francia meridionale, le condizioni aride o semi-aride richiedeno l'uso di irrigazione. In queste aree, quasi l'80% dell'acqua utilizzata in agricoltura va attualmente per l'irrigazione. In Grecia il trasporto e il miglioramento dell'efficienza delle reti di distribuzione hanno portato ad un guadagno stimato di acqua del 95% di efficienza rispetto ai metodi di irrigazione utilizzati in precedenza.La politica svolge un ruolo fondamentale nell'indurre il settore agricolo ad adottare pratiche di irrigazione più efficienti. In passato, ad esempio, le politiche dei prezzi dell'acqua troppo bassi in alcuni paesi europei non hanno indotto gli agricoltori di utilizzare l'acqua in modo efficiente, poichè gli agricoltori non pagavano il vero prezzo dell'acqua, quello che riflette i costi ambientali e delle risorse. Si aggiunga a ciò i sussidi agricoli ottenuti attraverso la politica agricola comune dell'UE (PAC) e altre misure indirette, che hanno incoraggiato gli agricoltori a utilizzare intensivamente l'acqua con tecniche inefficienti.
Oltre a tecniche efficienti di irrigazione, si possono ottenere risprmi di acqua e riduzione dei costi anche mediante programmi di formazione e condivisione delle conoscenze che educano gli agricoltori sulle migliori pratiche d'acqua. A Creta, ad esempio, è stato raggiunto un risparmio idrico del 9-10%  attraverso l'uso di un servizio di consulenza di irrigazione. Il servizio informa gli agricoltori al telefono di quando e come applicare l'acqua alle colture sulla base delle stime giornaliere delle condizioni che colpiscono le colture.Il cambiamento delle pratiche agricole può anche migliorare la qualità dell'acqua disponibile per altri usi diversi dall'irrigazione, in un modo economicamente vantaggioso. Si può significativamente migliorare la qualità dell'acqua in tutta Europa con poco o nessun impatto sulla redditività e la produttività, solo riducendo l'uso dei pesticidi, modificando le rotazioni delle colture e la progettazione delle fasce tampone lungo i corsi d'acqua, come pure utilizzando le acque reflue in agricoltura, rendendo così disponibili le risorse idriche più fresche per altre necessità, per la Natura e le famiglie. L'utilizzo delle acque reflue trattate per l'agricoltura sta già fornendo notevoli vantaggi di gestione delle acque per alcuni paesi europei. A Cipro, per esempio, gli obiettivi di acqua riciclata per il 2014 corrispondono a circa il 28% del fabbisogno di acqua dell'agricoltura 2008.  Nella Gran Canaria, il 20% di acqua utilizzata in tutti i settori è alimentato da acque reflue trattate, compresa l'irrigazione di 5.000 ettari di pomodori e 2.500 ettari di piantagioni di banane.

Quindi servono politiche europee per sostenere le misure di efficienza. La direttiva quadro dell'UE sulle acque (WFD) ha contribuito a questo risultato attraverso un incoraggiamento delle modifiche alle pratiche agricole che possono migliorare sia la quantità e la qualità dell'acqua in Europa, ma servono anche modifiche nella distribuzione dei sussidi con le PAC e nelle tariffe mazionali dei servizi idrici per sostenere gli obiettivi della direttiva quadro. Il Blueprint per la salvaguardia del le risorse idriche europee, che sarà pubblicato dalla Commissione entro la fine del 2012, si concentrerà sulla possibilità di migliorare l'efficienza delle risorse acqua e sulle opzioni politiche corrispondenti. Di sicuro serve una maggiore attenzione della PAC in materia di efficienza delle risorse e dei servizi ecosistemici.Un uso più efficiente delle nostre risorse idriche in agricoltura è solo uno dei passi che dobbiamo adottare al fine di ridurre il nostro impatto sull'ambiente. Senza questo passo, non si può ottenere un uso efficiente delle risorse o costruire un futuro sostenibile.

Pretendere di avere giardini fioriti e prato inglese (perlopiù di spazietti verdi insignificanti) grazie ad abbondanti innaffiature (di acqua potabile) quando il clima non porta pioggia sufficiente, lavare tutte le settimane la macchina, usare la doccia per tempi superiori a cinque minuti (nessun più lavora in miniera o in posti effettivamente sporchi), tenere l'acqua del rubinetto aperta se non serve, bere acqua in bottiglia e altre pratiche quotidiane dispendiose (buttare il cibo perchè non si capisce come fare la spesa, usare sempre l'auto, accendere continuamente l'aria condizionata, ecc.), ecco che così stiamo facendo un pessimo servizio SOPRATTUTTO A NOI STESSI, visto che parlare di Ambiente o di rispetto della natura è spesso visto come una seccatura per noi antropi consumisti dal cervello in pappa.

 


Daniela



martedì 10 luglio 2012

ANCHE SE VOI VI CREDETE ASSOLTI SIETE LO STESSO COINVOLTI


In questo blog, da almeno un anno, si tenta di aprire la curiosità delle persone attente, al prossimo crollo di questo complicatissimo sistema planetario che noi, Homo Sapiens Sapiens, abbiamo costruito e che è esponenzialmente cresciuto, in tecnologia e numero di persone, soprattutto negli ultimi settantanni.
In mezzo, una Grande Guerra, ma poi  tante altre guerre più o meno piccole più o meno grandi. Ma sempre fuori dall'ambito dell'Uomo occidentale che così ha raggiunto un livello di stile di vita e di desideri soddisfatti, come nessun altro in questo pianeta, nel presente e nel passato.
Spesso ho parlato di un rapporto di sei a uno, ovvero sei esseri umani che soffrono di fame, di sete, che non hanno diritti né salute, tanto meno istruzione e dignità perchè uno solo, solo uno, l'homo sapiens "occidentalis" possa averne.
Se siete qui con il PC, la rete, Ipod o Ipad, smartphone o altre diavolerie del genere per stare sempre connessi (e stranamente mai con la persona fisicamente più vicina) è perchè siete parte di quel miliardo. Potete perdere tempo a cercare complotti perché vi sfilano l'Ipod, o perchè vedete scie nel cielo, o perchè pensate che i terremoti li possa creare l'omuncolo sapiens,  potete credervi diversi da chi vota PDL o PD o Grillo, o sentirvi superiori da chi affronta code spaventose per andare al mare la domenica o da chi guarda FORUM sul Canale5, ma non lo siete, NON SIAMO DIVERSI.
NOI SIAMO IL MILIARDO FORTUNATO.
E continuiamo a pensare che il PROBLEMA SIA UN ALTRO.
Ma IL PROBLEMA SIAMO NOI.
E siamo tutti, indistintamente, chi più chi meno, TUTTI COLPEVOLI DI QUESTA CRISI, di questo collasso sistemico, non solo l'un per cento dei pecuniocefali o teste parziali che dir si voglia.

Traggo da LINUS (Baldini/Castoldi/Dalai editori) di giugno 2012, prima delle elezioni in Grecia, quelle che han fatto "sudare i mercati", un articolo del bravissimo Stefano Feltri.
Il titolo l'ho proprio rubato, il video anche, e quel video unisce i due Grandi Italiani citati nell'articolo, Pier Paolo Pasolini e Fabrizio De André, con la sua eccezionale CANZONE DEL MAGGIO.
Gli ingrandimenti e le sottolineature sono mie.

Luglio 1966. Giorgio Bocca, inviato del "Giorno", siede sulla terrazza di una villetta dell'Eur, lui beve un caffè, Pier Paolo Pasolini una camomilla, servita dalla madre. L'intervista uscirà con il titolo "L'arrabbiato sono io" che, come spesso succede nei giornali, è l'esatto contrario del contenuto dell'articolo. Bocca: "Volevo chiederle, seriamente, qual è la differenza tra arrabbiato e rivoluzionario". Pasolini "si passa la mano sul viso e socchiude le palpebre come uno che soffra di emicrania permanente: 'La contestazione dell'arrabbiato è interna al sistema, per la modifica del sistema, ma perché esso viva. Il rivoluzionario invece lo nega sul piano del reale e gli contrappone una sua prospettiva utopistica'". Bocca prova interromperlo, Pasolini continua: "No, mi lasci dire, spesso il rivoluzionario dopo aver distrutto la società costituita eccede nella ricostruzione, vuole che abbia tutti gli attributi, ci riporta anche il moralismo e il perbenismo borghesi. Al punto che l'arrabbiato a volte incide più profondamente del rivoluzionario". Poi un capovolgimento, che complica tutto: "Però una cosa è chiara: l'arrabbiato non può essere, quasi sempre non è un rivoluzionario, mentre il rivoluzionario è sempre un arrabbiato". 
Dopo le elezioni amministrative che hanno ucciso un terzo polo (quello di Pier Ferdinando Casini, chiuso, con la virtualità che la caratterizzava, via Twitter) e ne hanno creato un altro nato da un blog, il movimento 5 stelle, è lecito domandarsi se la crisi economica stia favorendo gli arrabbiati rivoluzionari. Per una prima fase sembrava che rivoluzionari stessero emergendo, minando davvero "il sistema". Prima gli Indignatos, a Madrid, a Puerta del Sol. Poi Occupy Wall Street, perfino qualche Occupy italiano, spazzato via dalla violenza del 15 ottobre 2011. Tende, gruppi di discussione, voluminosi documenti, analisi, e una nuova forma di democrazia che li rendeva struggenti per i media. Nessun leader, niente applausi ai comizi, sono muti gesti di consenso, nessuna rivendicazione, nessun programma. Semplicemente uno sforzo collettivo di analisi, di denuncia tramite la presenza, non violenta. Una protesta senza proposte realizzabili. "Il movimento sta vincendo. Sta vincendo perché non distoglie mai lo sguardo dal premio finale costituito dalla giustizia economica e democrazia diretta, e perché vive quella democrazia diretta ogni giorno nelle assemblee dei comitati" e risulta (forse con troppa sicumera) la scrittrice Rebecca Solnit, in un intervento della raccolta "Occupy - teoria e pratica del movimento contro l'oligarchia finanziaria" (appena pubblicato dal Saggiatore).

Dopo gli indignati che erano davvero rivoluzionari perché non inquadrabili nessuna categoria, sono arrivati gli arrabbiati. In Francia il Front National di Marine Le Pen, in Grecia i neonazisti di Alba Dorata. In Italia Beppe Grillo, che arrabbiato lo è di certo ma forse si offenderebbe a non essere inserito anche nella categoria dei rivoluzionari, Eppure lui rispetta perfettamente la dicotomia di Pasolini. La contestazione di Beppe Grillo è tutta interna al sistema, come dimostra il passaggio dai VaffaDay, versione sguaiata e furente delle piazze indignate, alle candidature alle elezioni amministrative. In fondo non c'è niente di meno rivoluzionario di un consigliere comunale. Ma come notava Pasolini, gli arrabbiati possono incidere più ma con come notava Pasolini gli arrabbiati possono incidere più dei rivoluzionari. Beppe Grillo, infatti, non rivendica di aver scardinato l'ordine attuale, ma si vanta di rafforzarlo: "In Italia è accaduto un piccolo miracolo. Il cittadino di fronte alla crisi economica vuole più democrazia, più partecipazione. In Italia il vuoto lasciato dai partiti, che sta spostando l'Europa verso un neofascismo, è stato riempito, per ora, da cittadini incensurati, sinceri democratici, da boyscout e volontari di ong, ingegneri e operai, studenti e pensionati. Un movimento di popolo che ha deciso di tirarsi su le maniche e occuparsi della cosa pubblica". Altroché populisti, demagoghi e pericolosi sovversivi, nella visione di Grillo il movimento 5 Stelle è la società civile in movimento, che salva cittadini e partiti dalle derive autoritarie. E lo fa nei binari del sistema, non deragliando.

Ma con l'arrivo degli arrabbiati si perde quella capacità di analisi che soltanto rivoluzionari hanno. Perché gli arrabbiati vogliono vincere, imporsi, riformare. Non capire. E anche i vari movimenti Occupy pare si stiano evolvendo verso una contestazione più tradizionale, del genere uova  e vernice, più che una riflessione condivisa. Basta vedere quel che è successo a Francoforte a fine maggio, con la protesta contro la Banca centrale europea (che ha tante colpe, ma la più grave che le viene imputata è di non aver voluto rimediare ai disastri fatti della politica dei singoli Stati). Purtroppo Beppe Grillo ha portato il dibattito sulla crisi una direzione molto concreta - dobbiamo uscire dall'euro? Ci conviene il default sul debito estero - ma poco utile. Assai più rivoluzionario e provocatorio del blog di Grillo è l'ultimo libro di Raghuram Rajan, l'ex capo economista del Fondo monetario internazionale, che per i ritardi delle traduzioni arriva in Italia quasi due anni dopo la pubblicazione americana. Ma questa volta non è un male, perché "Terremoti finanziari" (Einaudi) ci ricorda due cose importanti: che le domande giuste sono più rilevanti dei programmi politici e che, come diceva Fabrizio de André, "anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti".

Chissà se i ragazzi di Occupy leggono Rajan, probabilmente no, perché è del Fondo monetario. Ma la sua analisi che è accademicamente arrabbiata ma nella sostanza rivoluzionaria, è la seguente: la crisi in cui siamo avviluppati dal 2007 non è il frutto dell'avidità di Wall Street. Anche, ma non solo. L'uno per cento ha approfittato di quello che stava succedendo, ma lo stesso ha fatto il restante 99 per cento (N.D.R NOI INSOMMA). E' un problema di incentivi: i poveracci americani avevano incentivi a contrarre debiti che non avrebbero mai ripagato, le banche a concederli perché poi sapevano rifilare ad altri il rischio, le compagnie di assicurazioni semi pubbliche, Fannie e Freddie, avevano interesse a farsi carico dei rischi perché contavano sulla protezione della politica e perché gli investimenti pericolosi significavano lauti bonus, la politica stimolava con piacere tutto questo perché il credito facile genera consenso. La Federal Reserve, la banca centrale americana guidata prima da Alan Greenspan e poi da Ben Bernanke, forniva il carburante (denaro a basso costo) per gonfiare la bolla. Tutto questo si combinava con altre pericolose "linee di faglia" come le chiama Rajan:  Paesi in via di sviluppo troppo sbilanciati sulle esportazioni, che quindi accumulano enormi riserve in valuta estera (di solito dollari) che poi investono nei Paesi che comprano le loro merci, alimentando il circolo, banche troppo grosse per essere utili, protezione sociale sempre più debole nei Paesi Occidentali che rende più traumatiche le fisiologiche frenate dell'economia, generando poi riprese senza occupazione. Tutte linee di faglia che c'erano, e ci sono. Visibili per chi le vuole vedere. Rajan ha denunciato il disastro dei mutui subprime nel 2005 (2005!) al convegno annuale di banchieri centrali ed economisti a Jackson Hole, Wyoming. Ha ricevuto sorrisi di compatimento e qualche parola sgradevole perché non si era unito alle celebrazioni di Greenspan, allora considerato il dio dei mercati e non pericoloso fanatico accecato dall'ideologia (come sarà probabilmente ricordato). Il dibattito sulle linee di faglia e sull'origine profonda della crisi si è già spento. I rivoluzionari sono in seconda fila. Perché per la rivoluzione, anche intellettuale, ci vuole coraggio. E questo è il momento della paura. E della frustrazione.  Anche in Europa: Mario Monti era riuscito a impostare la questione in termini utili, si esce dall'impasse dando più risorse all'Unione e integrando l'economia (e magari i debiti) così da diventare tutti più forti. Poi la Grecia ha votato, si è dimostrata incapace di trovare un governo si è avviata verso nuove elezioni che sono considerate da tutti l'anticamera dell'uscita dall'euro. E anche a Bruxelles, troppo fredda per la rabbia, è tornata la paura. Che finora ha portato solo a muoversi in modo scomposto peggiorando la situazione.

 

mercoledì 4 luglio 2012

SALVIAMO L'ARTICO




Si lo so, fa caldo.
Anzi fa "cattivo tempo". Il sole non equivale a "bel tempo" se non per signora banalizzatrice e appiattatrice TELEVISIONE.
Un caldo che scioglie non solo la nostra vita e quella delll'ambiente da clima temparato ove viviamo, ma scioglie AHINOI anche l'Artico.
Il clima sta virando, sta diventando più caldo a causa dell'Effetto Serra. Anche l'inverno è stato "falsamente più freddo".
Eppure parlo dell'ARTICO.
Anzi cito un articolo de "LA STAMPA":

Il muso lucido e bianco di un'orsa polare fa capolino da un sottopassaggio.
Sullo sfondo un muro grigio pieno di graffiti, la silouette di una fabbrica e un prato zeppo di rifiuti: l'esemplare annusa un carrello della spesa arrugginito, fa un giro in un campo da calcio abbandonato, mette il muso nei sacchi dell'immondizia accatastati in strada mentre una donna, incurante della sua presenza, getta un sacco nero ai piedi di un cassonetto strabordante... 
E ancora rifiuti, fumo di gas di scarico e traffico.
Sulle note dei Radiohead, la voce dell'attore premio oscar Jude Law lancia in un video la nuova campagna di Greenpeace "Salviamo l'Artico".
L'orsa polare si aggira per le strade di Londra, lo sguardo è sconsolato e capiamo subito che qualcosa non va, che è alla ricerca di qualcosa che non riesce a trovare. Ad aiutarci nell'interpretazione è, verso la fine del video, una voce narrante, quella di Jude Law.
L'Artico si scioglie - racconta - ed è iniziata la corsa finale per la sopravvivenza: gli animali non riescono più a trovare il cibo. Aiutali anche tu. Unisciti a noi, abbiamo bisogno di te.

Salviamo l'Artico.

Nel frattempo l'orsa si è accasciata al suolo, ai piedi di due alberi in un parco cittadino dove trova solo lattine vuote, bottiglie di plastica, cartacce.
È la sua fine. È la fine del pianeta.

Si lo so, fa caldo. E in Italia gli orsi non ci sono.
Ma il Futuro dell'intero Pianeta è legato all'Artico, futura terra di conquista per le ultime, residue energie fossili della Terra. Finiti i gas di scisti (oppure nemmeno cominciati, costa troppo il fracking), ma anche prima.


Date una letta al sito di Greenpeace Italia.
Basta una email e una firma con nome e cognome, pochissimo tempo. 
I cyberattivisti di Greenpeace qualcosa hanno fatto cambiare.
E tu diventi cyberattivista non appena porrai la firma e darai la tua email.



Oppure ascoltate Paul Mc Cartney e guardate anche il sito britannico di Greenpeace.