Ho letto una intervista fatta a Dennis Meadows del febbraio 2012. Dennis Meadows coordinò il team di sedici ricercatori del MIT di Boston su incarico del CLUB DI ROMA, idea del grande Aurelio Peccei.
Nell'intervista emerge un punto fondamentale: se nel 1972 si poteva rallentare la crescita e organizzarsi in una società equa, pacifica e ben distribuita (in fondo eravamo "solo" 4 miliardi di umani), adesso, dice Meadows "ci aspetta un periodo di decrescita incontrollata che ci porterà verso un equilibrio che non siamo in grado di prevedere".
Adesso siamo già oltre 7 miliardi e con bisogni, magistralmente orchestrati dal marketing, che non potrebbero essere soddisfatti nemmeno con 100 volte il PIL MONDIALE.
Meadows sostiene che il "Rapporto sui limiti alla crescita" del marzo 1972 non voleva essere una banale dimostrazione che "in un mondo di risorse finite ci fossero dei limiti alla crescita poiché era evidente". Anche se questa evidenza non si evince dalle scelte dei decisori politici di allora e attuali.
Continua Meadows nella intervista che i messaggi , come fu il loro nel 1972, che obbligano a riflessioni, non sono accettati.
Negli anni settanta la frenesia esponenziale era così forte che non poteva essere colta la previsione di quel messaggio: se popolazione e industrializzazione crescono in modo esponenziale si arriverà quanto prima al limite.
Negli anni ottanta il messaggio fu abbandonato nel mare di TROPPO che abbiamo cominciato ad avere, anche singolarmente (ovviamente parlo di quel miliardo di persone che non muore di fame o di diarrea o di guerra): macchine, moda, viaggi di lusso e non di conoscenza. Ecco casomai la conoscenza era su una strada inversamente proporzionale, noi italiani siamo diventati particolarmente ben vestiti e truccati e particolarmente rozzi e superficiali.
Negli anni novanta cominciarono a emergere seri problemi ambientali ma, garruli e sciocchi, gli umani si son dati una risposta digeribile: risolveremo tutto con la tecnologia e con il "libero mercato". Sulla tecnologia esiste il Paradosso di Jevons come risposta a quanto serva la tecnologia abbinata alla mente esponenziale.
Negli anni del nuovo secolo, i famigerati anni 2000 della Crisi di Tutto (ma la Crisi è nata con la Rivoluzione industriale, e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, la globalizzazione degli effetti sull'ambiente sono diventati evidenti perlomeno nelle aree come Gran Bretagna - dove fu costruito nel 1870 il primo inceneritore a Paddington - e U.S.A. dove tale rivoluzione era partita per prima) dice Meadows, visto che mercato e tecnologia non hanno dato i buoni risultati necessari, ecco che la fissazione è stata sul PIL e conferma dicendo che "nel 2010 si è iniziato a sostenere che se fossimo stati in grado di controllare la crescita non ci si sarebbe dovuti confrontare con questi problemi".
Secondo me "sviluppo sostenibile" è un ossimoro, preferisco parlare di SOSTENIBILITÀ, una scelta più condivisibile rispetto all'avidità dell'essere esponenzialmente finanziario del libero mercato.
Meadows così risponde:
"Oggi è più che mai necessario fare il possibile per metterci sulla strada della sostenibilità. Bisogna comprendere i fatti, affrontarli con realismo. ma ci comportiamo come se i cambiamenti tecnologici possano sostituire quelli sociali, Che bisognerebbe fare? Non confidare nel tempo a disposizione, ADOTTARE PROVVEDIMENTI IMPOPOLARI ma necessari per affrontare la fase di declino. Per esempio ridurre le attività industriali per rallentare i cambiamenti climatici o aumentare il costo del petrolio per evitare il collasso quando non ce ne sarà più. Andare verso uno sviluppo sostenibile è come cambiare abitudini acquisite nel tempo: comporta una riflessione, probabilmente si commetteranno errori. All'inizio è scomodo, ma possibile."
Intervista tratta da "La nuova ecologia" aprile 2012
Daniela
Nell'intervista emerge un punto fondamentale: se nel 1972 si poteva rallentare la crescita e organizzarsi in una società equa, pacifica e ben distribuita (in fondo eravamo "solo" 4 miliardi di umani), adesso, dice Meadows "ci aspetta un periodo di decrescita incontrollata che ci porterà verso un equilibrio che non siamo in grado di prevedere".
Adesso siamo già oltre 7 miliardi e con bisogni, magistralmente orchestrati dal marketing, che non potrebbero essere soddisfatti nemmeno con 100 volte il PIL MONDIALE.
Meadows sostiene che il "Rapporto sui limiti alla crescita" del marzo 1972 non voleva essere una banale dimostrazione che "in un mondo di risorse finite ci fossero dei limiti alla crescita poiché era evidente". Anche se questa evidenza non si evince dalle scelte dei decisori politici di allora e attuali.
Continua Meadows nella intervista che i messaggi , come fu il loro nel 1972, che obbligano a riflessioni, non sono accettati.
Negli anni settanta la frenesia esponenziale era così forte che non poteva essere colta la previsione di quel messaggio: se popolazione e industrializzazione crescono in modo esponenziale si arriverà quanto prima al limite.
Negli anni ottanta il messaggio fu abbandonato nel mare di TROPPO che abbiamo cominciato ad avere, anche singolarmente (ovviamente parlo di quel miliardo di persone che non muore di fame o di diarrea o di guerra): macchine, moda, viaggi di lusso e non di conoscenza. Ecco casomai la conoscenza era su una strada inversamente proporzionale, noi italiani siamo diventati particolarmente ben vestiti e truccati e particolarmente rozzi e superficiali.
Negli anni novanta cominciarono a emergere seri problemi ambientali ma, garruli e sciocchi, gli umani si son dati una risposta digeribile: risolveremo tutto con la tecnologia e con il "libero mercato". Sulla tecnologia esiste il Paradosso di Jevons come risposta a quanto serva la tecnologia abbinata alla mente esponenziale.
Negli anni del nuovo secolo, i famigerati anni 2000 della Crisi di Tutto (ma la Crisi è nata con la Rivoluzione industriale, e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, la globalizzazione degli effetti sull'ambiente sono diventati evidenti perlomeno nelle aree come Gran Bretagna - dove fu costruito nel 1870 il primo inceneritore a Paddington - e U.S.A. dove tale rivoluzione era partita per prima) dice Meadows, visto che mercato e tecnologia non hanno dato i buoni risultati necessari, ecco che la fissazione è stata sul PIL e conferma dicendo che "nel 2010 si è iniziato a sostenere che se fossimo stati in grado di controllare la crescita non ci si sarebbe dovuti confrontare con questi problemi".
SI PUÒ ANCORA PARLARE
DI "SVILUPPO SOSTENIBILE"?
DI "SVILUPPO SOSTENIBILE"?
Secondo me "sviluppo sostenibile" è un ossimoro, preferisco parlare di SOSTENIBILITÀ, una scelta più condivisibile rispetto all'avidità dell'essere esponenzialmente finanziario del libero mercato.
Meadows così risponde:
"Oggi è più che mai necessario fare il possibile per metterci sulla strada della sostenibilità. Bisogna comprendere i fatti, affrontarli con realismo. ma ci comportiamo come se i cambiamenti tecnologici possano sostituire quelli sociali, Che bisognerebbe fare? Non confidare nel tempo a disposizione, ADOTTARE PROVVEDIMENTI IMPOPOLARI ma necessari per affrontare la fase di declino. Per esempio ridurre le attività industriali per rallentare i cambiamenti climatici o aumentare il costo del petrolio per evitare il collasso quando non ce ne sarà più. Andare verso uno sviluppo sostenibile è come cambiare abitudini acquisite nel tempo: comporta una riflessione, probabilmente si commetteranno errori. All'inizio è scomodo, ma possibile."
Intervista tratta da "La nuova ecologia" aprile 2012
Daniela